Si avvicina una data importante: il 4 ottobre sarà il 60esimo anniversario del lancio dello Sputnik, il primo satellite artificiale della Terra. Si tratta di una data che ha segnato l’inizio dell’era spaziale e, tra le iniziative per ricordare l’evento, mi ha colpita quella della casa d’aste Bonhams di New York che mercoledì, 27 settembre, una settimana prima dell’anniversario, ha messo in vendita una replica di Sputnik completa di ricevitore fatto nella Germania dell’est capace di farci sentire il beep beep emesso dalla replica (se collegata alla corrente). Dicono che sia un cimelio autentico, uno dei molti modelli costruiti per fare delle prove di laboratorio prima del lancio 60 anni fa. Non è improbabile che sia vero, anche adesso si fanno modelli degli strumenti da mandare in orbita per poter fare le campagne di test in parallelo, un test per ogni modello, piuttosto che in serie, utilizzando sempre lo stesso modello. E’ un modo per risparmiare tempo. Di sicuro il vero Sputnik è bruciato rientrando nell’atmosfera qualche mese dopo il lancio e tutto quello che rimane del progetto sono proprio i modelli. E’ un fatto che diverse repliche dello Sputnik siano saltate fuori negli ultimi anni e, a detta degli esperti, alcune sono più autentiche di altre.
Il modello messo all’asta a New York avrebbe una storia avventurosa: ci dicono che le due semisfere (60 cm di diametro) fossero parte del modello per i test elettromagnetici e che siano state esportate più o meno illegalmente dichiarando che si trattava di insalatiere di dimensione maxi. Sarà vero? Comunque qualcuno ci ha creduto, dal momento che la replica vintage dello Sputnik è stata venduta a 850.000 dollari.
Quanti sanno la vera storia di Sputnik, quello vero? Dopo 60 anni credo valga la pena di fare un piccolo ripasso.
Tutto nasce da un’idea di Sergei Korolev, il padre della missilistica sovietica. Korolev non aveva avuto una vita facile. Dopo avere passato anni nel gulag insieme all’amico Tubolev, alla caduta di Stalin era stato liberato e aveva assunto la direzione del gruppo che aveva progettato e costruito il razzo R7, detto scherzosamente Semyorka (settimino), capace di trasportare una bomba atomica di diverse tonnellate in qualsiasi parte degli Stati Uniti. Quello che faceva Korolev era ovviamente segreto e pochi conoscevano il suo nome. Ai più era noto come il grande costruttore.
Per dare un tocco scientifico a quello che stava facendo aveva chiesto il permesso di utilizzare il razzo per mettere in orbita un piccolo satellite, giusto per fare vedere le capacità dei sovietici. Nikita Krusciov approvò l’idea anche se non aveva assolutamente capito la portata dell’evento. Per lui si trattava di uno sfizio di Korolev che gli aveva appena fornito un fantastico missile balistico intercontinentale e andava accontentato. Korolev contattò diversi gruppi di ricerca chiedendo se avessero qualche strumento disponibile in breve tempo ma restò a bocca asciutta e si dovette accontentare di un trasmettitore capace di emettere un semplice beep beep fino all’esaurimento della carica della batteria di bordo.
Sputnik (che in russo significa compagno di viaggio, perché avrebbe accompagnato la Terra) era una sfera di circa 60 cm di diametro con 4 lunghe antenna per un peso di un’ottantina di kg. Abbastanza per mettere in chiaro chi aveva la superiorità in campo spaziale. Krusciov non si pentì certo della decisione presa. Il colpo mediatico fu straordinario. Con l’innocuo beep beep Sputnik era una plateale dimostrazione che i missili balistici intercontinentali sovietici potevano colpire gli Stati Uniti come e quando volevano.
Il messaggio che arrivò ai politici americani era forte e chiaro. Lyndon Johnson, che nel 1960 sarà vicepresidente con Kennedy per poi diventare Presidente, non perse occasione di sottolineare il potenziale pericolo che i satelliti sovietici rappresentavano per i cittadini americani.
Queste sono parole sue:
In the eyes of the world, first in space means first, period.Second in space is second in everything
(Agli occhi del mondo, primo nello spazio significa primo, punto e basta
Chi arriva secondo nello spazio sarà secondo in tutto)
Sono riportate all’inizio del documentario “The fever of ’57”, che, utilizzando filmati originali, mostra lo scollamento tra la preoccupazione dell’opinione pubblica americana e l’attitudine del Presidente Eisenhower, poco propenso a rispondere alla provocazione dell’impero del male. Il documentario è molto bello ma decisamente difficile da trovare. Cercando un po’ è possibile vederne spezzoni. Qui l’inizio. Poi il lancio dello R7, a Baikonur erano le 00.28 del 5 ottobre 1957, ma, allora, in Unione Sovietica tutto avveniva all’ora di Mosca dove erano le 22:28 del 4 ottobre.
Il lancio apre l’era spaziale e coglie di sorpresa il mondo intero. Nessun evento era mai stato tanto globale. Tutti cercavano di vedere lo Sputnik passare in cielo e tutti i radioamatori (ma anche le stazioni radio e i radiotelescopi) inseguivano il beep beep. Alle scene di giubilo a Mosca si contrappongono le dichiarazioni dei cittadini americani che si dicono preoccupati. Il filmato mostra anche un giovanissimo John Glenn che dice ai telespettatori che lo spazio è il futuro. Non per niente 4 anni dopo sarebbe stato il primo americano nello spazio.
Se vi piacciono le foto storiche guardate qua e pensate quanto della nostra vita oggi dipenda dai circa 1400 satelliti che sono attivi in orbita terrestre. Tutto è iniziato quel 4 (o 5) ottobre di 60 anni fa come dimostrazione di potenza, ma ha cambiato per sempre (per fortuna in meglio) la vita di tutti noi.