Sembra che le onde gravitazionali “interessanti” per i cacciatori di controparti elettromagnetiche (gamma, X, ottiche e radio) abbiamo una predilezione per il mese di agosto.
Il segnale gravitazionale, oltre a dare l’allerta, dice anche quale è la massa dei corpi celesti coinvolti e quella del risultato della loro fusione. Dalla differenza tra le masse iniziali e quella finale si risale all’energia liberata dall’incontro esplosivo che ha modificato la struttura dello spazio tempo e ha prodotto l’onda gravitazionale.
Combinando l’energia disponibile con l’intensità del segnale rivelato si ottiene la distanza dell’evento. Fino ad ora sono state colte una trentina di onde gravitazionali e per quasi tutte le masse dei corpi coinvolti è stata di decine di masse solari, un valore che punta dritto ai buchi neri. Pur restando eventi affascinanti che ci possono insegnare moltissimo sulla natura del nostro universo, i segnali gravitazionali generati dalla fusione di due buchi neri non eccitano i cacciatori di controparti perché tutti pensano che i buchi neri non emettano nulla.
La storia è ben diversa quando l’allerta gravitazionale dice che gli oggetti coinvolti sono più leggeri, diciamo meno di 3 masse solari. In questo caso si parla di stelle di neutroni, nocciolini di stelle che hanno finito la loro vita con una spettacolare esplosione. Sono oggetti superdensi e supermagnetici che rappresentano l’ultima fermata astrofisica prima del buco nero, ma sono ancora oggetti “visibili”, cioè capaci di emettere radiazione gamma, X, ottica e radio.
Due anni fa, il 17 agosto 2017 è stata rivelata l’onda gravitazionale generata dalla fusione di due stelle di neutroni che ha prodotto anche un segnale gamma, ottico e, infine, radio. Una festa per la comunità astronomica che ha dimenticato le vacanze per contribuire alla nascita dell’astronomia multi-messaggero, cioè l’astronomia che coniuga i segnali gravitazionali con quelli elettromagnetici (la luce nelle sue varie accezioni).
Oggi è il secondo anniversario dello storico evento GW170817, ma gli astronomi non hanno tempo per festeggiare la ricorrenza. Tre giorni fa, il 14 agosto, è stato rivelato S190814bv, un segnale gravitazionale molto intenso che sembrerebbe generato dalla fusione di un buco nero (con una massa di 5 masse solari) e da una stella di neutroni (di meno di 3 masse solari).
Dopo tanti eventi dovuti alla fusione di buchi neri e qualcuno prodotto da stelle di neutroni (ma solo GW170817 è certificato), adesso la famiglia delle coppie gravitazioni potrebbe essersi arricchita con una coppia mista formata da un buco nero non troppo pesante e da una stella di neutroni.
La strana coppia si trovava a 780 milioni di anni luce da noi e adesso tutti sono indaffarati a scandagliare la zona di cielo dove è stato localizzato il segnale gravitazionale. Unendo i dati dei due rivelatori americani LIGO e di quello europeo Virgo, la zona di provenienza è stata ristretta ad appena 23 gradi quadrati, circa 7 volte la Luna piena. Si tratta di scandagliare tutte le galassie presenti nella zona (scegliendo quelle che siano a distanza compatibile con l’evento gravitazionale) alla ricerca di qualcosa che prima non c’era.
Purtroppo i falsi allarmi sono all’ordine del giorno perché il cielo è sempre ricco di fenomeni transienti, a cominciare dalle supernovae. Ogni oggetto potenzialmente interessante deve essere studiato passando dalle immagini agli spettri perché è così che si riconoscono e si classificano gli oggetti celesti. È così che si è proceduto nel fatidico agosto di due anni fa: la zona di provenienza del segnale gravitazionale era di circa 28 gradi quadrati e la controparte era stata trovata dopo appena 10,9 ore di ricerche.
GW170817, però, era più vicino: 130 milioni di anni luce contro 780. A parità di luminosità intrinseca, un oggetto 6 volte più distante di un altro viene rivelato con un flusso 36 volte più basso e trovarlo diventa una sfida per tutta la comunità che si scambia le informazioni in tempo reale attraverso il sistema della GCN. Se volete vedere il susseguirsi delle notizie, basta collegarsi qui. Per il momento non è stata trovata nessuna controparte, ma gli astronomi non demordono.
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