Non è un compito facile fare un film che parli di Bettino Craxi, uno dei politici più divisivi della storia della Repubblica italiana, uno dei maggiori statisti dell'ultimo ventennio del secolo scorso e al contempo uno dei massimi responsabili, in quanto leader del Psi, il secondo partito di governo negli anni '80, della decadenza morale della politica italiana. Scivolare nella retorica, prendere una posizione politica, passare dalla parte dell'inquisitore o in quella del revisionista è facilissimo. Un'impresa ardua riuscita a Gianni Amelio che col suo film 'Hammamet', in sala dal 9 gennaio distribuito da 01 Distribution, racconta gli ultimi sette mesi di vita di Bettino Craxi nella sua residenza in Tunisia, nella sua casa-fortezza di Hammamet con moglie e figlia. Per fare questo si affida al talento istrionico di Pierfrancesco Favino, che grazie a un trucco prodigioso (5 ore al giorno), è identico all'ex leader socialista morto vent'anni fa, il 19 gennaio 2000.
C'è la politica in questo film, ovviamente, ma nessuna presa di posizione o volontà di esprimere un'opinione sulla vicenda storica dell'ultimo grande leader della Prima Repubblica, fuggito in Tunisia per evitare il carcere e considerato da alcuni un "esule politico" e da altri un "latitante", o meglio "contumace" visto che aveva due condanne per finanziamento illecito passate in giudicato. Ma non è la politica a essere protagonista, bensì l'umanità dell'uomo solo, l'ex potente umiliato e sconfitto che comunque non vuole arrendersi.
'Hammamet' non è una biografia
Ed è lo stesso Gianni Amelio a chiarire nelle sue note di regia l'intento del film: "Non volevo fare una biografia, nè il resoconto esaltante o travagliato di un partito - scrive il regista - e men che mai un film che desse ragione o torto a qualcuno. Volevo rappresentare comportamenti, stati d'animo, impulsi, giusti o sbagliati che siano. Cercando l'evidenza e l'emozione", conclude.
Per questo 'Hammamet', malgrado la fortissima identità del protagonista, è soprattutto un film su un uomo solo, malato, orgoglioso, un uomo che un tempo ha avuto immenso potere e poi è scappato dal suo Paese per accuse che ritiene ingiuste. Ma è anche un film su Bettino Craxi. E su questo non ci sono dubbi. A tenere incollato davanti allo schermo, infatti, è la figura carismatica dell'ex leader socialista che rivive fisicamente grazie al magnifico lavoro del prosthetic make up designer Andrea Leanza e a quello prodigioso di Pierfrancesco Favino ("Che Dio lo benedica, senza di lui non ci sarebbe mai stato il film", il commento riconoscente del regista in conferenza stampa) identico all'ex leader socialista nella voce, nelle mosse e addirittura nel respiro a volte affannoso.
Nessun nome vero perché "troppo ovvio"
Il Craxi di Amelio - che nel film non fa alcun nome, neppure quello dell'ex leader socialista che chiama semplicemente Presidente perché "è fin troppo ovvio" - racconta a tutti la stessa storia che ha esposto in Parlamento quando si è difeso: tutti i leader di partito prendevano soldi, perché "la democrazia ha un costo e la politica ha bisogno di soldi come la guerra di armi". Il Craxi di Amelio non vuole tornare in Italia perché i magistrati lo arresterebbero e, come ha detto qualche pm (allusione ovvia al pool Mani pulite), lo "sbatterebbero in cella e farebbero fondere la chiave".
Il Craxi di Amelio è anche quello che sostiene che "se una persona sta male la devi aiutare, ma non puoi farlo se sei un politico perché il politico deve aiutare tutti". Il Craxi di Amelio, insomma, è un uomo orgoglioso che si sente il capro espiatorio del sistema travolto da un'inchiesta giudiziaria ("che non funziona visto che secondo i magistrati tutti hanno preso soldi meno il principale partito dell'opposizione", sostiene) e che deve combattere contro il male che lo sta minando piano piano.
Un uomo, a ben vedere, sconfitto ma non piegato. Con una moglie (Silvia Cohen) che gli sta vicino non si sa bene perché, una figlia (che qui si chiama Anita ed è interpretata da Livia Rossi) che lo accudisce come un'amante e un'ex amante (Claudia Gerini) che non si rassegna ad essere stata abbandonata quando è fuggito in Tunisia. E un figlio (Alberto Paradossi) che tenta di seguire le orme del padre che non lo considera all'altezza.
Il PSI non è la Chiesa
Nel film Amelio inserisce la figura di Vincenzo Sartori, un funzionario socialista (Giuseppe Cederna) che nel momento della riconferma plebiscitaria nel 1989 alla guida del Psi lo avverte che qualcuno sta indagando sul sistema di corruzione nel mondo politico.
"La Chiesa ha sempre preso soldi nei secoli e nessuno ha mai detto niente", risponde Craxi-Favino. "Ma noi non siamo la Chiesa - la risposta del compagno - siamo i cani che ci sono entrati. E con i cani si usa il bastone". In seguito, lo stesso funzionario scrive in una lettera recapitata al Presidente da Fausto (Luca Filippi), figlio di Vincenzo Sartori, morto in circostanze misteriose: "Davvero non sapevi che il morbo era diventato epidemia?".
Gli ultimi giorni di un uomo solo
Una questione che ha diviso l'opinione pubblica per anni: Craxi era colpevole di aver rubato per arricchirsi o aveva rubato per il partito come tutti gli altri leader perché questo era il sistema politico? Una questione che Amelio pone e che non intende certo risolvere nel suo film. Perché non gli interessa questo aspetto. Ciò che vuole sottolineare è la figura dell'uomo, la sua sofferenza morale e fisica, il suo travaglio interiore e la consapevolezza di essere stato abbandonato da tutti.
Emblematica è la scena di Craxi in ospedale che legge la lettera scritta dal presidente del Consiglio (l'ex compagno di partito Giuliano Amato) in cui spende solo poche parole di circostanza per il suo rientro in Italia. Così come quella in cui riceve nella villa di Hammamet un ex parlamentare e avversario politico democristiano (Renato Carpentieri) che gli confessa di aver detto tutto ai magistrati, anche quello che non sapeva, pur di essere libero.
'Hammamet' parte dal congresso del Psi del 1989 per poi andare subito cronologicamente all'esilio dorato di Craxi in Tunisia. E qui resta per tutto il film (a parte la fine onirica con l'entrata in scena del padre, Omero Antonutti), seguendo la vita monotona del Presidente che trova in Fausto un interlocutore importante: a lui si confessa, racconta la sua storia, si difende, accusa magistrati e politici, ricorda con nostalgia momenti passati.
Il 'Caso C.' è ancora aperto
È un pretesto, Fausto, per tirar fuori il lato umano di Craxi. E diventa quasi uno specchio verso cui rivolgersi e parlare con se stesso. L'intento dichiarato di Amelio era quello di raccontare un uomo al crepuscolo, cercando di restare al di fuori da considerazioni politiche. Una scelta difficilissima visto il personaggio scelto, ma sicuramente riuscita al punto che oggi sembrano sterili e pretestuose le polemiche preventive all'uscita del film che qualcuno ha tacciato di "revisionismo" ancor prima di vederlo. Segno evidente che 'il caso C.' non è stato ancora superato nel nostro Paese.