Stavolta parliamo di serie tv. Il futuro del cinema, infatti, passa di qua. Lo hanno capito bene negli Usa e adesso anche in Italia. Registi, attori e produttori cinematografici investono anche nelle serie per creare una sinergia virtuosa. Ed è certo il caso di 'Suburra', la prima serie italiana per Netflix che sarà distribuita in contemporanea in tutto il mondo e che racconta del malaffare a Roma una decina di anni fa, dove politica e criminali, vescovi corrotti e aristocratici senza scrupoli fanno il bello e (soprattutto) il cattivo tempo nella città dove regna 'Mafia Capitale.
Roma come simbolo di malaffare e malavita sta per tornare di moda anche per fiction. Dal 6 ottobre, infatti, saranno disponibili su Netflix i 10 episodi della serie 'Suburra', ispirata all'omonimo romanzo di Giancarlo De Cataldo e Carlo Bonini e diretta da Michele Placido, Andrea Molaioli e Giuseppe Capotondi prodotti da Cattleya.
Da 'Romanzo criminale' a 'Suburra'
Un'evoluzione, se così si può dire, di quella che era la lotta tra bande (batterie) negli anni '70 e '80 che hanno dato vita alla cosiddetta Banda della Magliana raccontata in un libro, 'Romanzo criminale', ancora da Giancarlo De Cataldo e poi portata al cinema da Michele Placido, prima che una fortunatissima serie tv di Sky ne decretasse la fama definitiva. Ora in una capitale dove comanda il Samurai (Francesco Acquaroli), malavitoso ex banda della Magliana in affari con la mafia del Sud, regna la corruzione che coinvolge politici (Filippo NIgro è il consigliere comunale Amedeo Cinaglia), prelati, imprenditori (Claudia Gerini) e benefattori.
E dove la criminalità ha nuovi protagonisti: zingari (il clan degli Anacleti guidati da Manfredi-Adamo Dionisi e dove la 'testa matta' è il fratello Spadino-Giovanni Ferrara) e malavita di Ostia con la famiglia Adami (Aureliano-Alessandro Borghi, suo padre e sua sorella) e ragazzi perbene (Lele-Eduardo Valdarnini).
Placido: "Era meglio la Roma del Libanese"
"La malavita rappresentata dal Libanese e la sua banda raccontata in 'Romanzo' è in guerra perenne - spiega Michele Placido - ci sono morti, bombe, terrorismo, scontri tra diverse fazioni politiche. Quella di 'Suburra', invece, è figlia della pacificazione. Ma questa pacificazione ha creato un verminaio. Ed è molto peggio. Scomparsi i partiti, con l'arrivo di Berlusconi e la contemporanea fine del dualismo comunismo-fascismo e venuta una classe dirigente che ha portato una corruzione che fa paura".
Borghi: "È peggio chi spara in strada o chi taglia le pensioni?"
Anche Alessandro Borghi, che nella serie interpreta Aureliano Adami, ha un'idea simile a quella di Placido: "Il mio personaggio come quasi tutti quelli della serie sono cattivi - dice l'attore romano che aveva interpretato lo stesso ruolo nel film di Stefano Sollima con Claudio Amendola (una curiosità: anche l'altro protagonista, lo zingaro 'Spadino', era stato interpretato nel film dallo stesso attore della serie, Giacomo Ferrara) - ma io non so esattamente fare una classifica della cattiveria: è peggio chi scende in starda e picchia o ammazza la gente o chi siede in Parlamento e per i suoi interessi toglie la pensione a mio padre che ha 64 anni?".
Acquaroli: "Il mio Samurai, né Carminati né Claudio Amendola"
Il cattivissimo della serie di Netflix, una sorta di Libanese anziano e più saggio e intelligente, è il Samurai, personaggio ispirato a Massimo Carminati. Nel ruolo del nuovo 're di Roma' Francesco Acquaroli, bravissimo nel caratterizzare questo uomo feroce, potentissimo e miserabile al tempo stesso, senza alzare mai i toni. A differenza del Libanese di Francesco Montanari, il Samurai comanda a bassa voce. Parla poco e non ammette repliche. Lo stesso ruolo nel film di Sollima era affidato a Claudio Amendola.
Per Acquaroli, dunque, due modelli viventi da cui non si può prescindere e dai quali era però necessario allontanarsi. "Ho visto e apprezzato Claudio, ma il mio Samurai è un'altra cosa. È frutto del mio lavoro di fantasia, della mia interpretazione del personaggio. Ho lavorato sui dettagli - prosegue l'attore romano -. Per questo non credo neppure che Carminari ci si ritroverà perché questa è fiction e io sono un attore".