Sta diventando ridondante il dibattito sul ruolo della scuola, sul fatto che abbia perso la sua centralità, che stia diventando solo un passaggio obbligato e non più un luogo formativo e di crescita dal punto di vista personale, relazionale e sociale. Un patto di corresponsabilità che dovrebbe unire genitori e insegnanti, infranto costantemente, firmato senza neanche comprenderne il suo significato più profondo, quello di collaborazione, di aiuto reciproco e di alleanza, tale da essere efficaci nel contenere bambini e adolescenti.
Oggi ci troviamo, invece, una scuola nel mirino di tutti, di allievi in primis, genitori, che ormai si credono di essere professori, giudici e sindacano su ogni cosa accada ai propri pargoletti senza
regole e la cosa più assurda anche del tribunale mediatico e social. Docenti umiliati in pubblico, uno screditare costantemente una categoria che arranca e cerca di stare dietro alle esigenze di
tutto e di tutti, un’umiliazione dietro l’altra. Diritto di cronaca? Credo voyeurismo puro e becero, perché basterebbe riportare la notizia e non alimentare un problema più grande di quello che è. In questo si ottiene l’effetto contrario, si dà visibilità a chi infrange le regole davanti ad una telecamera e si umilia chi deve contrastare la devianza giovanile ogni giorno.
Non si tratta di bullismo nei confronti dei professori, si tratta di episodi che infrangono il codice penale e, nello specifico, l'articolo 341 bis che recita: “chiunque, in luogo pubblico o aperto al
pubblico e in presenza di più persone, offende l’onore e il prestigio di un pubblico ufficiale mentre compie un atto di ufficio ed a causa o nell’esercizio delle sue funzioni è punto con la reclusione fino a tre anni”. Il professore è un pubblico ufficiale, ma la cosa grave e di cui non si parla che abbiamo anche un branco di ragazzini che ridono, che rinforzano il compagno che fa il “bullo” davanti a loro anche per rinforzare il suo ruolo e sentirsi “figo” davanti ad una telecamera, che diffondono sui social le immagini, diffamando il professore, commettendo un illecito gravissimo e andando a
ledere il singolo e la categoria degli insegnanti.
Al pubblico arrivano sono estrapolazioni di un quotidiano che è diventato ingestibile, prima di parlare si dovrebbe capire che, i docenti in questo modo si trovano ad affrontare una lotta impari, ogni allievo ha un problema diverso, ognuno ha una esigenza o un “bisogno speciale”, servono interventi individualizzati e non esiste più la gestione del gruppo classe. I bisogni dei ragazzi diventano le pretese dei genitori, ma come è possibile contrastare questa mal-educazione, assenza di confini, limiti e regole, richieste di ogni tipo, problemi di ogni tipo da soli? Per gestire questa invasione di devianza e di problemi del comportamento, serve personale specializzato che affianchi il corpo docente e non uno psicologo a scuola una volta al mese. Serve investire sulla scuola perché i ragazzi sono una risorsa, sono vittime di un sistema che da un punto di vista pedagogico non funziona.
E poi arrivano gli irriducibili, coloro che pensano che basti bocciare, mettere una nota e sospendere questi ragazzi, che si risolva il problema! Ad un ragazzo deviato, con problemi del
comportamento, che vede la scuola dell’obbligo come una prigione, pensate davvero che possa importare qualcosa o forse, è proprio quella l’attenzione che cercano? Questo non significa dargli il
premio dello studente dell’anno, ma trovare una soluzione efficace. La sanzione fine a se stessa non serve veramente a niente, deve avere una funzione pedagogica e accompagnata da una
riabilitazione psicologica ed educativa, altrimenti diventa un circolo vizioso.
Gli insegnanti non sanno più come muoversi, perché qualsiasi strada decidano di prendere qualcuno li accuserà sempre e li attaccherà distruggendo il loro ruolo e la loro immagine. I media
stessi spesso contribuiscono ad una disinformazione e alimentano un immaginario di un corpo docente in panne che ormai non ha più un valore. Dobbiamo tutti rimboccarci le maniche se
vogliamo salvare questa scuola perché significa salvare i ragazzi e non lasciarli alla deriva.
È un problema complesso e serve una soluzione complessa, ma senza risorse, fondi e competenze, non è risolvibile. La scuola è troppo lontana dalle esigenze dei ragazzi, va riformata
di sana pianta, sono cambiate le esigete di tutti, se rimane tale, rischia di essere una scuola sempre più priva di prospettive, di aderenza e vicinanza con il mondo del lavoro e dei giovani di
oggi. Se crescono con la consapevolezza che non ci sia una utilità in ciò che fanno e che quelle persone che stanno dietro una cattedra sono dei frustrati privi di potere, non dobbiamo
meravigliarci se si sentono solo in diritto e mai in dovere, fregandosene di regole e disciplina che forse, non hanno ben o mai acquisito, dove e come avrebbero dovuto acquisire, prima di inserirsi
in un ambiente sociale e social.