Come siamo davvero messi sui terremoti 37 anni dopo l'Irpinia
"Mai più", si disse quella mattina del 23 novembre 1980. Ma oggi possiamo dire di aver fatto tesoro di quella terribile esperienza? Se accadesse di nuovo, saremmo più preparati?
Oggi è il 23 novembre. In questo giorno trentasette anni fa si verificò il terremoto dell’Irpinia che sconvolse la Campania e la Basilicata. Si disse “Mai più una tragedia come questa”. La pericolosità sismica è sempre la stessa dipendendo esclusivamente dalla dinamica interna del Pianeta in cui viviamo. Il rischio sismico è aumentato perché vecchi edifici fatiscenti sono ancora più fatiscenti, nessun vero programma di prevenzione è partito. Addirittura abbiamo scoperto con i recenti terremoti del Centro Italia che costosi “miglioramenti sismici” di edifici non hanno migliorato un bel niente. Cerchiamo di capire come siamo messi trentasette anni dopo l’Irpinia, che doveva segnare il punto di svolta nella difesa dai terremoti.
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Si ritiene da numerose e approfondite ricerche storiche che abbiamo ormai raggiunto una conoscenza abbastanza precisa di quanti terremoti hanno colpito il nostro Paese negli ultimi quattrocento anni. Senz’altro molto sappiamo di quelli più forti. Dal 1600 ad oggi in Italia si sono verificati 201 terremoti di magnitudo pari o superiore a 5.5. In media, uno ogni due anni. La magnitudo 5.5 non è scelta a caso: è quella per cui da noi si cominciano ad avere danni importanti e anche vittime.
I dati di questi anni
Di questi 201 terremoti, 69 sono di magnitudo pari o superiore a 6.0, quindi una scossa 6.0 o maggiore ogni sei anni. 30 hanno avuto magnitudo 6.5 o superiore: si verificano ogni 14 anni. Dal 1600 ad oggi, ogni 50 anni abbiamo avuto 8 terremoti con magnitudo 7.0 e oltre. Anche se è noto, per non indurre incomprensioni, si ricordi che i terremoti non avvengono con frequenza costante. Possiamo affermare che l'intervallo di tempo considerato, 400 anni circa, è sicuramente rappresentativo per l’attività sismica del Paese e affermare quindi che in Italia sarà sempre così, nei secoli a venire.
Riteniamo che i terremoti più forti che abbiamo avuto finora non sono mai stati di magnitudo superiore a 7.3 circa. Questo si sa sulla base di dati storici che riguardano gli ultimi 2000 anni. Le magnitudo di terremoti antichi sono stimate dalle descrizioni disponibili degli effetti del sisma. L'ultima scossa con magnitudo superiore a 7 si ebbe più di un secolo fa in Abruzzo, nota come il terremoto di Avezzano del 1915.
La scossa forte più recente, ma decisamente inferiore a quella di Avezzano, fu appunto quella del 1980, detta dell'Irpinia. Ebbe una magnitudo 6.8.
Per il nostro Paese i terremoti sono sempre stati una caratteristica costante e continueranno ad esserlo. Hanno costituito un costo molto importante per la collettività contribuendo per una percentuale notevole al nostro enorme debito pubblico. Dopo ogni scossa devastante, si è rimediato all'emergenza in modo improvvisato e sempre diverso. Di fisso c’è stato il costo sempre estremamente elevato.
La difesa dai terremoti, in un Paese come il nostro, dovrebbe costituire una priorità assoluta per il potere esecutivo. Sarebbe necessaria un’opera molto pervasiva di prevenzione. Ci si aspetterebbe anche una definita strategia di intervento post-sisma, visti i tanti terremoti che abbiamo avuto.
Casa Italia
Pochi giorni dopo la scossa di Amatrice del 24 agosto 2016, il 2 settembre il Presidente del Consiglio lanciò l'idea di un grande progetto per la messa in sicurezza di tutto il territorio nazionale. Lo chiamò "Casa Italia" e ne affidò la guida al professore Giovanni Azzone e all'archistar Renzo Piano, due personaggi che tutto il mondo ci invidia. Il 23 marzo, con un emendamento al Decreto Legge "Terremoto", “Casa Italia” diventò un Dipartimento di Palazzo Chigi. Conta su 1,3 milioni di euro per il 2017 e di 2,5 milioni per il 2018. Un Dipartimento che si aggiunge ad altri Dipartimenti e ad istituzioni di varia natura che già hanno fra i loro compiti la sicurezza nazionale per le catastrofi. Speriamo che non insorgano interminabili discussioni su conflitti di interesse.
Sono state individuate alcune linee di azione. Fra queste la sperimentazione di dieci cantieri progettuali distribuiti in Italia per dimostrare la possibilità di intervenire mettendo in sicurezza gli edifici, senza allontanare le famiglie dalle proprie case, se non per breve tempo. Lo slogan è “10 edifici per mettere in sicurezza 10 milioni di abitazioni”. Interessante se avessimo a disposizione molto tempo, prima del prossimo terremoto, ma del tutto inutile se, come c’è da aspettarsi, nei prossimi anni dovesse verificarsi un terremoto veramente forte. Sembra che siano stati destinati 25 milioni di euro per questi dieci cantieri ma non è noto come verranno gestiti e da chi. Anche la scelta dei comuni scelti lascia qualche perplessità: per esempio che cosa c’entra Feltre con la pericolosità sismica?
Interessante l’idea di “Casa Italia” di lanciare un programma di diagnostica speditiva per le aree e gli edifici a maggiore rischio ma non è dato sapere a che punto è.
E se arrivasse un terremoto ancora più forte?
Si ha l’impressione che tutte queste iniziative servano solo a distogliere l’attenzione dall’incapacità sempre più evidente della nostra classe politica ad affrontare emergenze sempre più difficili. Gli effetti del terremoto prossimo venturo potrebbero assumere dimensioni inimmaginabili: è passato più di un secolo dall’ultimo di magnitudo elevatissima. E allora, se veramente si vogliono salvare vite umane, sono molto più utili interventi rozzi e speditivi. Da fare subito, come se il terremoto fosse avvenuto ieri. Si parta dall’idea che l’Italia è sempre in emergenza sismica per il gran numero di terremoti che vi si verificano associati a una bassa qualità del suo patrimonio edilizio. Ci si comporti come se fossimo già nell’immediatezza di un dopo-terremoto. Non si può far finta di non sapere e ripetere ancora una volta la fallimentare gestione tecnico-scientifica di tutte le luttuose crisi sismiche recenti e antiche.
Ricordiamo, a titolo esemplificativo, il terremoto di San Giuliano di Puglia.
Quindici anni fa, il 31 ottobre del 2002, crollò la scuola elementare "Francesco Jovine". Con la loro maestra morirono 27 bambini. Avevano appena 6 anni, oggi sarebbero ragazzi di 21 anni.
“Mai più una tragedia come questa”, si disse. Il Presidente del Consiglio dei Ministri dell’epoca emanò un'ordinanza (3274/2003), che introduceva l'obbligo di procedere alle verifiche di vulnerabilità sismica per tutte le scuole entro il 2008, termine che venne poi esteso al 2013. Per quanto è dato appurare, nessuno sa dire per quanti edifici scolastici sono state effettuate le verifiche previste da quell'ordinanza. Forse per pochissime: basti pensare al crollo, per fortuna avvenuto durante le vacanze, della scuola di Amatrice della quale era stato finanziato ed eseguito un “miglioramento antisismico", qualunque cosa questo "miglioramento" significhi.
Il nuovo decreto
Nel nuovo decreto "Terremoto" la scadenza è stata ulteriormente rimandata al 30 agosto 2018. Non è dato sapere se fervono attività di controllo e di messa in sicurezza per i tanti edifici scolastici sparsi pr il Paese. La possibilità che una scuola crolli è talmente avvilente che non si possono far polemiche ma se si hanno dubbi sulla stabilità di una scuola si deve far ricorso semplicemente alla demolizione immediata della stessa e non a "miglioramenti sismici" evidentemente di dubbia efficacia.
Si teme che p l’ambizioso progetto “Casa Italia” sia già fallito se il suo scopo era la salvaguardia della vita di persone che senza colpa vivono in pessimi edifici costruiti in zone altamente sismiche.