Accertata l’esistenza, come oggi viene annunciato, della particella che potrebbe rivoluzionare il complesso e mutevole panorama della cosiddetta computazione quantistica, ovvero della computazione basata su qubit e non sui ben più rassicuranti bit, di cui più o meno tutti abbiamo sentito parlare.
La rivoluzione si annuncia importante, poiché una delle promesse della computazione quantistica è quella di accelerare enormemente la velocità di elaborazione dei nostri computer e di permettere di operare sequenze di calcoli su enormi quantità di dati, cosa oggi nemmeno pensabile.
La nascita dei supercomputer ha aiutato moltissimo la nostra capacità di simulare la realtà con numerose ricadute sulla nostra vita quotidiana, per quanto spesso poco apprezzate. Per esempio le previsioni meteorologiche che tanto aspettiamo per programmare le nostre vacanze sono un eccezionale frutto di complessi calcoli effettuati grazie a potentissimi calcolatori che simulano i movimenti atmosferici.
In questo ambito, così come in molti altri in cui le simulazioni computazionali assumono un ruolo centrale, l’avvento di computer quantistici potrebbe realmente aprire una nuova era. Allo stesso modo, la rivoluzione quantistica permette di vedere agli sviluppi dell'intelligenza artificiale con nuovi occhi, poiché da molti studiosi e opinionisti i computer quantistici sono visti come un modo per superare i limiti computazionali oggi ravvisati dai moderni strumenti di calcolo. Il ragionamento è che molti dei limiti dei moderni sistemi di intelligenza artificiale siano dovuti proprio alla poca velocità di calcolo, il che penalizzerebbe la potenza degli algoritmi.
Se avessimo computer più veloci, i nostri algoritmi di intelligenza artificiale funzionerebbero molto meglio, e ci avvicineremmo, se non persino supereremmo, le capacità computazionali dell'uomo. La questione è naturalmente interessante, ma anche piuttosto datata. Negli anni ‘70, con l’avvento dei primi calcolatori elettronici, uno dei maggiori crucci dei ricercatori era proprio quello di non avere computer abbastanza potenti.
Con computer più potenti, si diceva, avremmo avuto delle macchine in tutto simili all’uomo e anche di più. Il film “Terminator”, nello spirito di quei tempi, poneva la minaccia delle macchine superintelligenti all’umanità nel lontano, ma non troppo, 2029. Oggi siamo vicini a quella data e come spesso accade, le date dell’apocalisse artificiale si spostano sempre più avanti, in attesa di una nuova rivoluzione computazionale. La fondamentale scoperta che forse porterà a una nuova era dei computer, sarà utilissima per moltissimi ambiti della scienza, ma ci lascia qualche dubbio sulla sua portata rivoluzionaria nell’ambito dell'intelligenza artificiale.
In realtà, quello che il passato di questa disciplina ci insegna, è che forse attribuire alle macchine i limiti della nostra capacità di creare intelligenze simili all'uomo, ci mette in una prospettiva sbagliata. Dovremmo forse pensare che i limiti stanno nella nostra comprensione di cosa sia l'intelligenza e di quali siano gli ingredienti essenziali per costruirla.
Avere computer più veloci forse non produrrà, solo per questo, sistemi artificiali più intelligenti. Quello che ci possiamo aspettare da questa ulteriore rivoluzione, è che nuove date verranno indicate, nuovi futuristici scenari verranno ravvisati e altre apocalissi profetizzate. Quello che forse resta da capire veramente è quello che ci aspettiamo dalle macchine intelligenti, al di là della computazione quantistica di là da venire. Le macchine intelligenti sono già in mezzo a noi, e sono tantissime. Non hanno però la faccia robotica di Arnold Schwarzenegger, ma la più rassicurante forma di una lavatrice, di un telefonino, di una automobile autonoma che, a dispetto di ogni moralistica considerazione, sarà sempre più affidabile di un uomo desolato e distratto alla guida.
di Davide Marocco