Quante volte avete sentito parlare di ricerca nel corso di questa infinita stagione elettorale (e post elettorale)? Non fatevi prendere da sensi di colpa se avete problemi a rispondere e vi chiedete ricerca cosa? dove? quando? perché non me lo ricordo? Non vi siete persi niente, perché la risposta è tristemente prossima allo zero.
Nessuno dei candidati si è sentito in dovere di menzionare la cosa e nessun rappresentante del popolo, democraticamente eletto due mesi fa, è intervenuto al convegno intitolato "La ricerca scientifica: un valore per il paese" che si è tenuto nella Sala Convegni del CNR dalle 14 alle 18 di giovedì 10 maggio.
Un’occasione perduta per la nostra classe politica che forse non ha chiaro che la conoscenza rappresenta l’elemento cardine della competitività. Nel silenzio assordante si è sentita solo la voce del Presidente della Repubblica che ha voluto riconoscere lo sforzo fatto dal Gruppo 2003 per le ricerca scientifica, organizzatore del convegno, con questa medaglia
Investire in ricerca è investire nel futuro
Il convegno (il cui programma si trova qui) si proponeva di aprire un dibattito sulla ricerca italiana allo scopo di discutere sui punti di forza e di debolezza, specialmente nel quadro della programmazione europea. E’ una iniziativa che si inserisce nell’attività statutaria del Gruppo 2003 formato dagli scienziati italiani i cui articoli compaiono nella classifica dei più citati al mondo. Un gruppo di scienziati delle discipline più diverse dall’informatica, alla medicina, alla climatologia, all’astrofisica che da anni si battono per chiedere più attenzione alla scienza.
Nel mondo globalizzato, investire in ricerca significa investire sul futuro benessere delle nazioni. Non è un mistero che il PIL delle nazioni sia direttamente proporzionale a quante queste investano nella ricerca. Infatti, la ricerca scientifica, oltre ad avere valore in sé è anche una risorsa fondamentale per la nazione perché è il motore per l’innovazione che significa competitività a livello mondiale.
C'è chi sfida la crisi e aumenta i finanziamenti
Come ha illustrato l’economista Mario Pianta (università Roma Tre), per rispondere alla crisi economica, alcune nazioni europee hanno aumentato i finanziamenti alla ricerca. Una strategia vincente che ha velocizzato la ripresa economica, come è successo in Germania. L’Italia purtroppo ha scelto la strada opposta, tagliando i finanziamenti per le Università e gli enti di ricerca. Una scelta sbagliata che ci ha indebolito nel panorama europeo (dove il nostro tasso di successo è inferiore di quello di francesi e tedeschi) anche se i nostri scienziati dimostrano di essere campioni di resilienza e continuano ad avere ottimi risultati a livello individuale.
Tuttavia, bisogna notare che anche il livello più alto dei finanziamenti europei scompare davanti a quelli cinesi che hanno raggiunto e superato la totalità di quelli europei. Si direbbe che la Cina ha capito benissimo l’importanza della ricerca.
Burocrazia e regole antiquate
Il basso livello di finanziamento impedisce di offrire opportunità ai giovani scienziati che vengono giustamente attirati dalle migliori condizioni che trovano all’estero. Nel panorama europeo, descritto da Luca Moretti (direttore dell’ufficio CNR di Bruxelles) l’Italia è la prima esportatrice di cervelli, segno che i cervelli sono stati ben preparati dall’università che, nonostante i tagli, riesce ancora a produrre laureati e dottori di ricerca competitivi a livello internazionale.
I cervelli vanno dove le nazioni investono di più in ricerca e offrono migliori condizioni di lavoro, oltre che stipendi più interessanti. La burocrazia e le procedure antiquate di reclutamento, discusse da Maria Pia Abbracchio (Università di Milano e Gruppo 2003), non aiutano chi vuole restare o chi, dopo essere stato per un periodo all’estero, vorrebbe tornare.
In arrivo un libro bianco
Alle tre relazioni sono seguite brevi riflessioni da parte di esponenti del mondo delle fondazioni per la ricerca medica finanziata dalle donazioni di privati, da esponenti dell’Università ed enti di ricerca, da italiani che lavorano all’estero, a rappresentanza delle diverse anime degli oltre 200 partecipanti.
Un quadro variegato caratterizzato da diverse opinioni sulla necessità di concentrare la ricerca piuttosto che spingere sulla ricerca diffusa ma compatto nel sostenere la necessità della meritocrazia e dello snellimento della burocrazia.
Il tutto andrà a fare parte di un libro bianco sullo stato della ricerca in Italia che il Gruppo 2003 conta di completare entro l’anno.A breve, sul sito del Gruppo 2003 saranno disponibili le presentazioni insieme alla registrazione degli interventi e della discussione.