AGI - La temperatura di un corpo misura lo stato di agitazione termica delle particelle che lo costituiscono, a livello atomico e molecolare. Maggiore è questa agitazione, maggiore sarà la sua temperatura risultante. Quindi, anche se un corpo macroscopico risulta “fermo”, il suo stato interno oscillerà, vibrerà a livello microscopico e la “somma” dei contributi dei singoli moti produrrà come effetto risultante il grado corrispondente della sua temperatura complessiva.
Un esempio è offerto dalla cottura a microonde. La vibrazione di un campo elettromagnetico idoneo (prodotto dal magnetron) induce una vibrazione (energia rotazionale) nelle molecole d’acqua che costituiscono il corpo da cuocere e le collisioni provocate da queste ultime producono il relativo riscaldamento.
Per ottenere uno stato in cui l’agitazione termica sia ridotta al minimo, occorrerà raffreddare quanto più possibile il corpo.
In termodinamica, esiste un principio (il cosiddetto terzo principio o “Teorema di Nernst”) che rappresenta il limite teorico rispetto al quale non si hanno più moti di agitazione microscopica all’interno di un corpo, che si raggiunge quando la temperatura assoluta arriva asintoticamente a 0° della scala Kelvin (limite irraggiungibile). In questo caso, l’entropia – che misura il grado di disordine di un dato sistema – risulterebbe nulla e l’oggetto permarrebbe nell’unico stato dinamico possibile corrispondente al massimo di ordine.
L’apparato per la rivelazione delle onde gravitazionali LIGO consiste in un sistema di specchi (interferometro) posizionati su un lungo percorso a L. Le infinitesime vibrazioni dello spaziotempo indotte anche da lontanissime catastrofi cosmiche che generano onde gravitazionali (come quelle prodotte da un sasso che cade in uno stagno) perturbano le distanze spaziotemporali in una direzione particolare, producendo variazioni nei percorsi del raggio laser che viaggia all’interno dell’apparato. Tali variazioni si risolvono in immagini dette di interferenza tra i fasci laser che viaggiano verso gli specchi nelle due direzioni perpendicolari. Dato che si parla di variazioni dell’ordine della decimillesima parte del diametro di un protone, è necessario che gli specchi siano realmente “fermi”, non soggetti quindi nemmeno alle più piccole vibrazioni derivate dall’agitazione termica interna, a livello quantistico. Questo significa che gli specchi devono essere super–raffreddati.
L’esperimento portato avanti con successo e pubblicato su Science (V. Sudhir et al. – Approaching the motional ground state of a 10–kg object – Science 18 Jun 2021: Vol. 372, Issue 6548, pp. 1333–1336) è basato dapprima su un processo di “conoscenza” della modalità di vibrazione microscopica degli specchi in questione (10 kg). Inviando il fascio di luce laser verso ciascuno specchio, dalle “particelle di luce” (fotoni) rimbalzate da questi ultimi si è ricavata l’informazione sulla loro energia vibrazionale interna. “Mappando” in tal modo la loro struttura vibrazionale, si è ottenuta una sorta di registrazione del “rumore termico” dell’oggetto. Sistemando dietro gli specchi opportuni elettromagneti, si è riusciti a riprodurre vibrazioni di forza uguale e contraria a quelle intrinseche degli specchi in modo tale da compensarli, di fatto super–raffreddando (“raffreddamento a feedback”) questi ultimi fino a una settantina di miliardesimi di grado Kelvin, valore molto prossimo allo stato fondamentale che è di una decina di miliardesimi di grado Kelvin.
È in un certo senso – con le opportune differenze – la medesima filosofia adottata da certi sistemi acustici che generano rumori con onde di “segno” opposto a quello prodotto dall’ambiente per creare silenzio.
Si tratta di un grande risultato che amplifica di molto la sensibilità di apparati che devono cogliere le più piccole vibrazioni dello spaziotempo.
Ma c’è un aspetto anche più intrigante, in questa ricerca. Il raffreddamento di oggetti di dimensioni atomiche è una tecnica ben conosciuta e ben studiata. Questa è la prima volta che si scala a grandezze macroscopiche. L’obiettivo prossimo sarà quello di sperimentare la gravità su sistemi quantistici massicci.
E, conoscendo i ben noti risvolti dell’irrisolto dualismo conflittuale della fisica che si divide ancora in gravitazione e meccanica quantistica, trovare queste due parole nella medesima frase fa già un certo effetto.