Parafrasando il titolo del romanzo della Sagan, “Un po’ di sole nell’acqua gelida”, ci si vuol riferire al lato oscuro dell’animo umano che può manifestarsi in tanti modi, compreso quello che potrebbe accoglierci nell’oscurità della depressione. Nel caso in questione, però, non si tratta di una situazione patologica, anche se la ricerca ancora infruttuosa di ciò che costituisce la materia oscura nell’universo, un leggero stato di depressione comincia davvero a provocarlo!
Almeno fino ad adesso.
Andiamo con ordine. Come l’animo umano, anche l’universo ha il suo lato oscuro. Ed è bello grande, visto che occupa il 95% di tutto quello che lo costituisce. Sappiamo che il 68% è composto da una energia (oscura!) che sta accelerando il ritmo della sua espansione. Fino a non molto tempo fa, si credeva invece che questa dilatazione dello spaziotempo dovesse rallentare dopo l’impulso esplosivo prodotto dal big bang delle origini, un po’ come un sasso lanciato in aria che rallenti prima di fermarsi e tornare indietro.
Come è strutturato l'Universo
Il 27% è costituito invece da materia che non ha possibilità di essere individuata in modo diretto con alcuno strumento di indagine conosciuto, definita “oscura” proprio per questo motivo. Una materia che comunque provoca effetti gravitazionali, come l’anomalia registrata nella rotazione periferica delle galassie o come l’incurvamento dello spaziotempo dovuto alla sua presenza, secondo le leggi della relatività generale.
Solo un misero 5% è costituito da tutto ciò che osserviamo nell’universo (compresi noi stessi), sia a occhio nudo che per via strumentale. Questo significa che oltre l’80% di tutta la materia presente è di origine sconosciuta. Si sa solo che essa, a parte la sua notevole quantità, dev’essere anche stabile, abbastanza “pigra” e raccogliersi attorno alle galassie.
Anzi, pare sia stata proprio la sua presenza a favorire gli addensamenti delle nubi di idrogeno necessari per formare stelle e galassie. Noi stessi ospitiamo parte di questo mare invisibile che permea lo spazio, che ci attraversa. Magari possiamo affermare che il nostro “lato oscuro” abbia una consistenza fisica reale, non soltanto qualcosa che attenga al nostro essere, al nostro comportamento... beh, passatemi questa come una piccola provocazione psicoterapeutica...
In questi ultimi anni, si è registrata una rilevante proliferazione di ricerche legate alla materia oscura. Ricerche tutte diverse, indirizzate a individuare questa o quella particella come costituente primario. Molte sono anche le speculazioni teoriche che vorrebbero interpretare le anomalie gravitazionali registrate non con l’intervento di questa materia (per quanto oscura) bensì come effetti di dinamiche newtoniane o relativistiche modificate, addirittura invocando la presenza di dimensioni extra. Si parla di particelle supersimmetriche, di una nuova famiglia di neutrini, definiti sterili, più pesanti di quelli conosciuti, di nuove particelle come le WIMPs, come gli assioni... Buona parte degli articoli in questo blog ha trattato di questi argomenti.
Cosa c’è di nuovo, adesso?
Pochi giorni fa, sul Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, è apparso un articolo dal titolo “Dark matter heats up in dwarf galaxies”, firmato da J.I. Read, M.G. Walker e P. Steger. Questo lavoro descrive il risultato di un’indagine condotta su sedici galassie di dimensioni ridotte (galassie nane) generalmente orbitanti attorno a galassie più estese e massicce. Anche la nostra Via Lattea conta le sue galassie satelliti.
È stato notato un effetto che potrebbe indirizzare l’indagine sulla natura della materia oscura in una direzione privilegiata: nelle galassie nelle quali il tasso di formazione di nuove stelle è più elevato che in altre, il soffiare di venti di grande intensità tenderebbe a spingere lontano dal loro centro polveri e gas, di fatto impoverendo di massa il centro galattico. L’effetto sarebbe quello di una minore attrazione gravitazionale che porterebbe la materia oscura a “riscaldarsi” allontanandosi dal centro.
È stata trovata quindi una correlazione fra tasso di formazione di nuove stelle nelle galassie nane e presenza (o meno) di materia oscura al centro di queste ultime. Ciò sta a significare, per quanto detto più sopra, che la formazione di galassie nane ad opera della materia oscura correli le densità centrali in queste ultime al tasso di formazione stellare. Una condizione stringente che potrebbe orientare la ricerca sulla natura intrinseca della materia oscura.
La figura 1, appartenente a una precedente ricerca, è considerata emblematica ai fini dell’evidenza “visiva” della materia oscura. Ed è sempre stata interpretata, in questi anni, come prova della sua esistenza. Si tratta del cosiddetto “Bullet Cluster”, una coppia di ammassi di galassie che hanno subito, molto tempo fa, un urto frontale a elevata velocità.
L’importanza di questa immagine risiede nel diverso modo in cui è stata valutata la massa coinvolta in questa gigantesca collisione. Da una parte, evidenziata in rosso, la componente elettromagnetica nella banda visibile e nella banda dei raggi X dovuta alle transizioni elettromagnetiche negli atomi della materia ordinaria (come l’idrogeno); dall’altra (in blu) la componente imputabile alla massa totale gravitazionale (massa dominante) derivata dall’effetto di distorsione dello spaziotempo per effetto della cosiddetta lente gravitazionale (la deviazione dei raggi di luce prodotta dalla forte incurvatura dello spazio a causa di masse estremamente elevate), quindi dovuta non solo alla materia ordinaria ma anche alla presenza di quella oscura, che non si sottrae al contributo di questo effetto.
Come si legge questa immagine?
In definitiva, in ognuno dei due ammassi la luce rossa identificherebbe il centro di massa “visibile” e quella blu il centro di gravità totale: si può osservare lo spostamento evidente tra l’uno e l’altro, la loro non coincidenza. La spiegazione proposta sarebbe legata al fatto che la materia oscura interagisce poco e nella collisione essa potrebbe attraversarsi indisturbata, a differenza di quella ordinaria, apparentemente “in ritardo” per via delle interazioni elettromagnetiche (si può notare sulla destra la forma “a proiettile” del getto di gas causato dalla collisione). Ecco perché nell’urto fra i due ammassi, la luce blu sembra procedere indisturbata nell’attraversamento reciproco, da una parte e dall’altra, e quella rossa invece apparire come “ferma” al centro di questa strana simmetria di colori.
C’è un “però” che riguarda proprio le galassie satelliti. Ed è stato trattato in un altro lavoro pubblicato in questo blog, un anno fa: “L’ordine imperfetto del cosmo”, relativo alla scoperta dello strano comportamento di alcune galassie satelliti ruotanti attorno alla galassia Centaurus A. La presenza di materia oscura imporrebbe a tali galassie un movimento caotico e invece ciò che si è notato è che nella stragrande maggioranza dei casi il loro moto è assolutamente ordinato, contraddicendo le ipotesi sugli effetti previsti dagli addensamenti di materia oscura.
Una contraddizione solo apparente nello studio di galassie satelliti? Oppure si tratta solo di un caso anomalo che però confermerebbe – come vuole la tradizione – la regola? Socraticamente, sappiamo ancora di non sapere. Ed è questo che sconforta, anche se possiamo sperare che le risposte siano ormai nell’aria e che prima o poi esse possano ritrovarsi nel famoso piatto.
In fondo, è più trattabile in terapia uno scienziato frustrato per scandagliare il suo lato oscuro che portare sul lettino l’universo intero e studiarlo con Freud, Jung, Lacan...