L’intelligenza artificiale nel 2019 sarà più accessibile, trasparente e con meno pregiudizi.
In attesa di diventare un tutt’uno con quella naturale e dar vita, come profetizza Ray Kurzweil sul New York Times, a un’umanità rinnovata e pressoché immortale, l’intelligenza artificiale continuerà a cambiare le nostre vite anche nel 2019 silenziosa come una marea montante.
Assisteremo a una IA più accessibile perché per addestrare i modelli di deep learning basteranno anche sistemi “semplici” a 8 bit al posto di quelli molto più complessi e costosi a 16 o 32 bit. Utilizzati con successo dalla Ibm nel 2018, nel 2019 promettono di diventare standard di settore. Non solo, sarà più accessibile anche perché le reti neurali saranno interoperabili grazie allo sviluppo della cosiddetta Open Neural Network Exchange (Onnx), una piattaforma che consente di “riciclare” modelli di reti neurali sui diversi framework di lavoro esistenti.
A proposito di reti neurali, l’IA funziona utilizzandone moltissime su diversi livelli in modo che tra input e output sia oggi praticamente impossibile ricostruire il percorso che conduce una macchina a prendere una “decisione” piuttosto che un’altra. Anche su questo punto ci saranno delle sorprese grazie a una metodologia di apprendimento automatico che permette di ricostruire in modo semplificato la rete neurale di partenza e avere nozioni sulle motivazioni delle sue scelte. La metodologia si chiama ProfWeight e anch’essa è uscita dai laboratori di Big Blue.
E i pregiudizi? L’intelligenza artificiale ne soffre perché la scelta dei dati di partenza su cui allenare l’algoritmo è di fatto frutto di idee condizionate da un contesto sociale. Gli sviluppatori stanno lavorando in modo da trasformare i dati del training in modo da neutralizzare la presenza di pregiudizi. Per quanto ambizioso, l’obiettivo di ridurre i pregiudizi dell’intelligenza artificiale si profila comunque più alla portata di quello di emendarli dalla stupidità naturale.