La scienza ha enormemente migliorato la salute delle persone, innalzando di volta in volta le loro aspettative sulla lunghezza e sulla qualità della vita attraverso la mitigazione dei rischi dovuti a malattie, incidenti o in generale ad alee. Una popolazione viziata dal benessere si rivela naturalmente sempre meno propensa ad accettare rischi di qualsivoglia genere, ma soprattutto presenta aspettative continuamente crescenti rispetto ad una scienza diventata il nuovo surrogato della religione, l’ancora di sicurezza per l’uomo moderno.
I suoi stessi manager cadono vittime delle sirene che cantano l’onnipotenza della scienza: solo pochi anni fa sono stato invitato ad un convegno interno di una multinazionale italiana in cui si aspirava a raggiungere un ambiente di lavoro “a rischio zero”, un concetto insensato per chiunque abbia nozioni basi di probabilità e statistica. In questa escalation folle verso il “rischio zero” – ma soprattutto in un ambiente in cui la cultura scientifica è posseduta da una ristretta minoranza – era forse evidente che prima o poi la scienza avrebbe deluso le aspettative crescenti dei cittadini innescandone una forte reazione negativa.
Ultimamente la comunità scientifica sta vivendo la percezione di essere sotto assedio. Abituata a non essere contraddetta dai non addetti ai lavori, non riesce ad accettare di essere messa in discussione. Soprattutto, non accetta una discussione che esuli dal suoi canoni di dibattito: confonde il proprio metodo interno per raggiungere delle conclusioni come Il metodo generale e non quello di una ristretta cerchia di persone selezionate e addestrate da anni di studio ad evitare trappole logiche e a mitigare i propri bias cognitivi.
Man mano che la scienza progredisce, i suoi modelli diventano sempre più complessi e “incomunicabili” a persone non educate ed introdotte al pensiero scientifico. Narrative alternative e antagoniste diventano efficaci competitrici del pensiero scientifico, con i cittadini che diventano antagonisti degli scienziati. Questa polarizzazione – con la conseguente chiusura al dialogo fra le parti – è tragica per il funzionamento di qualsiasi società moderna che non può prescindere da un momento di sintesi fra argomenti contrapposti (citaz.: Luigi Einaudi – Prediche inutili).
La reazione – normale e naturale – della comunità scientifica nel difendersi dalle "fake news" rischia però di innescare meccanismi di escalation nella contrapposizione fra blocchi . La chiamata alle armi affinché gli uomini di scienza si occupino di politica – naturale come prima reazione ad una situazione che genera preoccupazione e sconforto nella comunità scientifica che anima anche l’appello lanciato da Ilaria Capua – viene a contraddire però la metodologia più efficace nell’affrontare le situazioni complesse, ovvero l’interdisciplinarietà. Cercare di essere contemporaneamente comunicatori, politici e magari anche legislatori espone al rischio di incorrere in errori marchiani dovuti all’ignoranza negli altri settori. La discussione sulla necessità che la politica prenda decisioni informate, portate sull’arena dei social rischia di innescare tifoserie contrastanti e di dare adito a strumentalizzazioni politiche.
Una possibilità per evitare lo scontro frontale è quella di evitare campagne globali sul mezzo informatico, ma di concentrarsi su iniziative locali che alternino l’uso dei social media con contatti non virtuali fra le persone, seguendo la tesi che affinché una organizzazione funzioni, è necessario che al crescere delle interazioni “virtuali” cresca anche la quantità di interazioni “de visu” (“Face to face: making network organization work” Nihit Nohria and Robert G. Eccles, in “Networks and Organizations”,1992,Harvard Business School Press). Un esempio positivo di come, quando coinvolti, i cittadini rispandono positivamente, è l’esperimento di "Bracciano Smart Lake" . La chiave in quel caso è stata quella di costruire un gruppo di lavoro interdisciplinare in cui scienziati e comunicatori hanno strutturato un piano di comunicazione in cui gli utenti dei social (quelli più esposti alla polarizzazione e alla radicalizzazione) sono stati coinvolti direttamente in un progetto di citizen science grazie al quale sono stati raccolti i dati necessari all’analisi scientifica del fenomeno, alla sua comprensione e dunque alla sua corretta narrazione.
Per concludere, mi pare che l’apologo di Menenio Agrippa sia perfetto per esemplificare la situazione in cui ci si caccia quando si alimentano le contrapposizioni: “Una volta, le membra dell’uomo, constatando che lo stomaco se ne stava ozioso [ad attendere cibo], ruppero con lui gli accordi e cospirarono tra loro, decidendo che le mani non portassero cibo alla bocca, né che, portatolo, la bocca lo accettasse, né che i denti lo confezionassero a dovere. Ma mentre intendevano domare lo stomaco, a indebolirsi furono anche loro stesse, e il corpo intero giunse a deperimento estremo. Di qui apparve che l’ufficio dello stomaco non è quello di un pigro, ma che, una volta accolti, distribuisce i cibi per tutte le membra. E quindi tornarono in amicizia con lui. Così senato e popolo, come fossero un unico corpo, con la discordia periscono, con la concordia rimangono in salute.”