Ultim’ora. Ricercatori della Delft University of Technology hanno annunciato la conferma dell’esistenza della particella ipotizzata negli anni trenta dal fisico italiano Ettore Majorana, misteriosamente scomparso nel 1938 e di cui non si è saputo più nulla.
Tale particella gode di una proprietà che la rende unica: essa coincide con la sua relativa antiparticella. E’ come se l’elettrone e la sua corrispondente particella di antimateria (il positrone, dotato di carica positiva opposta a quella dell’elettrone) fossero la medesima particella.
In questo blog, alla fine dello scorso anno, è apparso un mio articolo sull’esperimento CUORE, indirizzato alla ricerca di una particolare reazione nucleare che produrrebbe l’evidenza di una particella di Majorana, in cui viene spiegato in dettaglio cosa significa, in questo caso per un neutrino prodotto in tale reazione, coincidere con il proprio antineutrino, facendo riferimento proprio alla particella di Majorana.
Il processo riportato dai ricercatori che hanno pubblicato i loro risultati sulla prestigiosa rivista Nature, è ovviamente diverso rispetto a quanto descritto in quell’articolo. Si tratta in questo caso di fenomeni che avvengono nella materia condensata e che sono legati a modi di oscillazione all’interno di un mezzo, modi di oscillazione che seguono una descrizione quantistica, denominati “quasiparticelle”. In pratica, queste ultime possono essere intese come modi di eccitazione elementare che si presentano nella materia condensata (e che interagiscono a bassa temperatura) e che possono essere interpretati come particelle effettive (da cui il nome di quasiparticelle).
Ora accade che così come nella reazione descritta nell’articolo citato ‒ coincidendo il neutrino con il proprio antineutrino il risultato è una reazione senza neutrini (0 neutrini) ‒ in questo processo nella materia condensata un particolare fenomeno detto di “polarizzazione” presenta un “picco di polarizzazione zero” in presenza di particolari campi elettrici e magnetici. Fenomeno che denuncerebbe appunto la presenza della particella di Majorana.
Questa scoperta aprirebbe la porta a scenari inimmaginabili, soprattutto in campo computazionale, con una possibilità molto concreta di arrivare a creare strutture idonee alla realizzazione di computer quantistici, che invece di macinare le unità fondamentali di informazione (bit) come accade nei computer tradizionali, utilizzerebbero unità fondamentali di informazione quantistica, il cosiddetto “quantum bit” (qubit).