Se ne parla da una trentina d’anni ma ancora non sappiamo dove e come verranno sistemate le scorie nucleari prodotte dalle centrali nucleari italiane dismesse in seguito al referendum del 1987 e da altre attività, per lo più mediche e collegate alla ricerca scientifica. Da anni e anni le scorie si trovano in depositi “provvisori” qua e la’ in giro per l’Italia. Si vorrebbe sistemarle una volta per tutte in un Deposito Unico, come peraltro è richiesto dalla normativa nazionale ed europea vigente in materia. La Sogin, la società pubblica incaricata di gestire questo problema, complesso e delicatissimo, ha preparato una mappa dei possibili siti in linea di principio idonei a ospitare il Deposito Unico. So, ma per sentito dire, che questa mappa giace in una cassaforte del Ministero dello Sviluppo Economico: è segretissima: custodita come il segreto di Fatima.
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La cosa fa un po’ ridere perché due o tre volte all’anno da parecchi anni il Ministro dello Sviluppo Economico in carica nell’indifferenza generale promette solennemente che la mappa sarà mostrata a breve, entro una data precisa, che poi viene sempre disattesa. Le promesse non vengono mai mantenute per evitare che la lista dei comuni idonei vada a impattare con la campagna elettorale di qualche elezione o referendum. Si teme che gli abitanti dei siti prescelti per protesta votino contro i partiti al potere. Al governo infatti pensano che noi cittadini siamo un branco di deficienti e che non sono in grado di capire che, piaccia o non piaccia, il deposito dobbiamo farlo per la nostra stessa sicurezza.
La promessa del ministro Calenda
Si può escludere che a breve la mappa verrà mostrata visto che entro pochi mesi avremo elezioni politiche dagli esiti incerti che magari porteranno ad altre elezioni. E questo nonostante che il ministro Calenda, con solerte ottimismo, avesse promesso l’uscita della mappa al quarto trimestre 2017. Secondo quanto annunciato dal Ministro la pubblicazione delle aree ritenute potenzialmente idonee avrebbe dovuto rappresentare la conclusione della fase di consultazione pubblica del Programma Nazionale di Gestione del combustibile esausto e dei rifiuti radioattivi.
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Entrata nel vivo a luglio, l’istruttoria pubblica prevede che chiunque, dagli enti locali alle associazioni o semplici cittadini, possa presentare osservazioni e rilievi su come l’Italia intenda stoccare le scorie. Lo si fa per posta o telematicamente collegandosi alla pagina del Ministero per l’Ambiente dove si trova anche tutta la documentazione da esaminare. Per curiosità ho dato un’occhiata ai quasi 300 commenti pervenuti.
Ci sono osservazioni di alto livello come ad esempio quella della regione Piemonte. Altre giungono da stati esteri limitrofi come Austria e Francia chiamati in causa per gli impatti transfrontalieri su come l’Italia ha l’intenzione di sistemare questi 90 mila metri cubi di rifiuti radioattivi. Ci sono molte osservazioni copia-incolla ma anche tanti contributi originali e strutturati. Decisamente minor solerzia si osserva dal lato del ricevente. Da quanto riportato sulla pagina stessa del Ministero, i termini per la presentazione delle osservazioni sono scaduti da oltre 5 settimane ma ancora il 16 ottobre Sarroch, un comune del Cagliaritano, diceva la sua. Proprio dopo la scadenza ufficiale sono fioccati il maggior numero di rilievi. Il ministero non ha fatto un plissé e ha diligentemente registrato ogni comunicazione pervenuta. E ci sta. Che sarà mai un po’ di evanescenza nei termini di recepimento da parte di un’amministrazione pubblica?
Consultazione pubblica infinita
Ora ci si aspetterebbe che negli uffici della Commissione VIA-VAS regnasse un gran fermento per leggere, esaminare, vagliare, le osservazione pervenute ed essere in grado di emettere un parere sul Piano entro 90 giorni dal termine della consultazione pubblica. A seguire vedrebbe finalmente la luce la fatidica mappa delle aree idonee per ospitare il deposito.
Certo è che se per indolenza, disinteresse o calcolo, non si chiude formalmente la fase della consultazione pubblica lasciandola svaporare nell’immobilismo burocratico così funzionale alla politica, il Deposito Nazionale rimarrà l’Araba Fenice così come è stato negli ultimi 15 anni.
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