La paura più grande per un genitore è quella di arrivare tardi, di non accorgersi dei problemi del figlio, di non vedere ciò che accade sotto i suoi occhi e di trovarsi davanti a condizioni in cui non si può più tornare indietro.
“La vita fa schifo” sono le parole di una nota audio, un messaggio vocale lasciato da una dodicenne della provincia di Genova che si è tolta la vita lanciandosi dalla finestra di casa sua. Dietro di sé ha lasciato solo un fogliettino sul quale ha segnato il pin del suo smartphone ed essere così sicura che la sua famiglia potesse avere accesso a quel messaggio.
Un gesto che gela il sangue ma che nel contempo fa riflettere di quanto oggi i tempi siano cambiati: non più lettere, non più parole scritte, oggi si lascia un pin per entrare in quella scatola nera in grado di raccontare tutto il mondo interno di un adolescente. Sono le due generazioni a confronto, la generazione che quando aveva un problema lasciava una lettera e la generazione di oggi che quando ha un problema lascia un pin. Dentro lo smartphone c’è la vita degli adolescenti, c’è quello che pensano, quello che sentono, perché ormai loro mediano tutte le relazioni attraverso il telefonino. Dobbiamo dunque ragionare su questo aspetto e capire che il telefono è la loro vita in cui si esprimono anche le difficoltà e i problemi per non arrivare a doverci entrare attraverso un pin che ci dà un figlio che non c’è più.
Il ruolo della tecnologia nella vita dei nostri figli
Oggi la generazione hashtag comunica e parla attraverso un linguaggio completamente diverso dal nostro, con modalità di interazione differenti: è la generazione delle foto, dei messaggi vocali, degli screenshot, dei social network e delle short communication dove tutto è interconnesso, e si è sempre connessi alla rete. Lo smartphone ormai è parte integrante della loro vita, rappresenta una protesi della loro identità e per loro è normale utilizzare tutta questa tecnologia anche in una situazione così drammatica.
Poca attenzione ai piccoli segnali
Tante volte è vero che quando i ragazzi stanno male, soprattutto a quell'età, non mostrano quanto è profondo il loro dolore, ma nello stesso momento, le famiglie che sono impegnate a gestire le conflittualità quotidiane, non si accorgono di quanto i figli possano soffrire o avere dei disagi. Molto spesso viene sottovalutato il problema: “Sono ragazzi”, “sono ragazzate”, “fossero tutti questi i problemi della vita”, “ci sono cose più gravi”, quante volte sono state dette erroneamente queste frasi agli adolescenti? È vero che non si pensa che un figlio possa, mai e poi mai, arrivare a tanto, soprattutto quando si parla di suicidio.
Infatti, il suicidio è un pensiero lontanissimo dalla mente dei genitori, una tale ipotesi non è neanche gestibile emotivamente. Lo stesso vale anche per i compagni e per gli insegnanti. Purtroppo l’errore che spesso si fa è che tante volte il benessere dei figli è valutato in base al rendimento scolastico, alle interazioni con gli altri, al sorriso e si pensa erroneamente che i segnali del suicidio debbano essere segnali estremamente macroscopici ed evidenti, ma non è assolutamente così.
A volte un apparente normalità viene scambiata per benessere, si continua a far l’errore di pensare che il malessere debba essere espresso attraverso dei segnali macroscopici. I ragazzi non sempre mettono un post sui social in cui scrivono “sto male, voglio farla finita”. I segnali sono più sottili, ci sono traumi che si covano giorno dopo giorno nella globalizzazione della solitudine, in quella rete che li circonda, ma che nello stesso li attanaglia in una morsa di solitudine.
Quanto può pesare la separazione dei genitori?
Sono tanti i fattori che possono portare un ragazzo a togliersi la vita, in genere si tratta di un concatenarsi di eventi. Sono presenti spesso tutta una serie di altre fragilità e vulnerabilità tipiche anche della generazione di oggi, troppo sola, molto infelice e soprattutto senza punti di appoggio su cui poter far riferimento. Oggi parliamo anche di genitori che non hanno più tempo di fermarsi a parlare con i figli se non per i compiti e per i problemi logistici e gestionali.
Sono i figli delle conflittualità genitoriali, che non si sentono riconosciuti, accettati per quello che sono. Sono vittime di genitori sempre di fretta, delle innumerevoli attività, senza sosta e di fretta, una fretta che non permette più ai genitori di guardare negli occhi un figlio. Sono anche i figli della crisi e della perdita dei punti di riferimento come la scuola e la famiglia, della perdita dei valori. Si dà troppo poco peso agli aspetti esistenziali e agli aspetti emotivi, è come se la vita avesse perso il suo vero significato, avesse perso il valore di unicità che dovrebbe avere
Il linguaggio del corpo
La separazione dei genitori, se non è compresa e vissuta in maniera naturale, può creare dei traumi e lasciare dei segni piuttosto importanti che a volte emergono anche dopo anni. Le reazioni dei piccoli variano principalmente in funzione dell’età, della qualità delle relazioni con le figure che li accudiscono e delle strategie interne adottate per fronteggiare le situazioni di difficoltà. Può capitare che i bambini o gli adolescenti possano manifestare dei blocchi anche se non sono manifesti.
Anche i comportamenti parlano, a volte più delle parole. Anche le espressioni facciali, gli atteggiamenti, i movimenti del corpo sono in grado di esprimere ciò che si prova! Bambini e ragazzi sono molto sensibili all’ambiente che li circonda e la separazione dei genitori può far scattare nella loro testa un susseguirsi di pensieri, di idee, di paure, di incertezze che sommate ai cambiamenti di passaggio da una fase evolutiva all’altra, all’ingresso in adolescenza possono creare dei veri e propri sbalzi emotivi e vuoti interni.
Assicurare ai ragazzi una continuità affettiva
La separazione può diventare quindi un evento traumatico o stressante, soprattutto quando non si dà ai figli il tempo di elaborarla, quando si respira in casa un clima di distacco, conflittuale e il figlio non viene integrato in questo processo. Sentono, in un certo senso, mancare la terra sotto i piedi: quelle che prima erano certezze, ora diventano preoccupazioni e timore, perché per loro corrisponde a perdere la famiglia, non avere più un papà o una mamma, e quindi, instabilità.
Il modo migliore per rendere minimi gli effetti negativi legati ad una separazione, è che entrambi i genitori riescano comunque a garantire ai figli una continuità nella relazione affettiva, evitando conflitti aperti e strumentalizzazioni e quindi un impatto devastante nella psiche dei figli.