“Le persone dichiarate colpevoli di revenge porn, si troveranno ad affrontare pene severe quando entreranno in vigore le nuove linee guida per le sentenze.” Questo è quanto riportato dalla BBC il 5 luglio 2018, dopo le istruzioni del Sentencing Council ai tribunali inglesi e gallesi per tutti coloro che diffondono materiale video o fotografico di natura intima e sessuale senza il consenso della persona ripresa, il tutto a scopo vendicativo.
Il fenomeno si è ampiamente diffuso, e lo conferma uno studio realizzato da Data & Society Research Institute e dal Centre of Innovative Public Health Research, il primo che ha analizzato il revenge porn e ha fornito dati sulla popolazione americana: secondo questa ricerca, il 4% degli americani, circa 10.4 milioni, avrebbero ricevuto delle minacce rispetto alla pubblicazione di materiale personale che li ritraeva in atteggiamenti sessuali espliciti o nudi, o addirittura che hanno subito la pubblicazione degli stessi, ovviamente senza aver dato il consenso. Le categorie maggiormente colpite sono quelle di adolescenti e giovani adulti, soprattutto di sesso femminile, e membri di comunità LGBT, in una fascia d’età che va dai 15 ai 29 anni.
Il reato di divulgazione di immagini sessuali private senza consenso nel Regno Unito, è stato introdotto nel 2015, e comporta una pena massima di due anni.
Tra il 2016 e il 2017 in Inghilterra e nel Galles ci sono stati 465 procedimenti giudiziari; le nuove linee guida entreranno in vigore nell’ottobre 2018 ed includeranno anche reati come stalking e molestie.
Per quanto riguarda la situazione italiana, a differenza di altri paesi come Israele, Germania, Regno Unito e Stati Uniti, non c’è una legge specifica che tutela le vittime e punisce gli autori di reato, ma rientra nel reato di diffamazione, tentativo di estorsione, di violazione della privacy e di scorretto trattamento dei dati personali. Ma è importante precisare che, nel caso del revenge porn, la ripresa e la registrazione del materiale è consensuale nel momento in cui avviene, quello che invece non lo è, è la loro successiva pubblicazione sul web.
Nel settembre 2016 è stata presentata una proposta di legge per l’introduzione di una pena di reclusione da uno o tre anni per la diffusione di immagini video sessualmente espliciti; inoltre la pena è aumentata della metà se il reato è commesso da un partner o ex partner.
Il riconoscimento legislativo è fondamentale per la tutela della vittima, che vede totalmente compromessa la sua salute psicologica e relazionale: i dati ci riportano il vissuto di un forte stress emotivo, problematiche sociali ed isolamento, ripercussioni nell’ambiente lavorativo, atti autolesionistici e tentativi di suicidio. Inoltre, si ricorre frequentemente ad un supporto psicologico, poiché la persona dichiara un vissuto devastante dovuto all’invasione della propria sessualità ed intimità attraverso un’esposizione pubblica in sui si è soggetti al giudizio e al commento degli altri.
(Ringrazio per la collaborazione la dottoressa Vanessa Russo)