Inizialmente ottenuti in gran parte dall’acciuga peruviana, ma poi anche da molte altre specie marine incluso il krill, i grassi polinsaturi omega-3 sono gli ingredienti bioattivi della più importante classe di integratori alimentari consumata al mondo. Il mercato mondiale dei prodotti contenenti i due acidi grassi DHA ed EPA nel 2016 superava i 31 miliardi di dollari. In Italia, dove 8 persone su 10 fanno uso di integratori, nello stesso anno ne venivano acquistate più di 4 milioni di confezioni (per un fatturato di oltre 84 milioni di euro). Da allora, i consumi di integratori a base di omega-3 marini sono ulteriormente aumentati.
Le autorità sanitarie internazionali e nazionali raccomandano l’assunzione quotidiana di DHA ed EPA, sotto forma di pesce fresco o di integratori alimentari, in quantità che vanno dai 250 mg tipici in molti Paesi dell’Europa occidentale, ai 1300 mg della Russia.
Il fine è quello di bilanciare l'eccesso di grassi omega-6 presente ormai da decenni nelle diete più comuni dei Paesi industrializzati. Associati a molteplici benefici per la salute tanto degli adulti che dei bambini, EPA e DHA svolgono un ruolo fondamentale nella prevenzione dell’infiammazione cellulare. E poiché si tratta di nutrienti essenziali che non possono essere sintetizzati dall'organismo, entrambi devono essere assunti con la dieta.
Con un paio di eccezioni, l’estrazione degli omega-3 avviene partendo dai pesci o dai crostacei interi. L’olio estratto generalmente per bollitura viene poi sottoposto a numerosi step di raffinazione. In alcuni casi, l’estrazione fa uso di anidride carbonica allo stato supercritico: il processo migliore, ma tecnicamente molto più complesso.
Si preferisce estrarli da pesci piccoli e abbondanti come l’acciuga o il krill al fine di minimizzare l’estrazione di contaminanti tossici e pericolosi come il mercurio o i policlorobifenili che si bioaccumulano nella catena alimentare e sono molto più abbondanti nei pesci di grande dimensione.
Il mercato in costante crescita non fa che aumentare la pressione antropica sui banchi ittici, e le conseguenti proteste degli ambientalisti. La soluzione, attesa da molti anni, sta nell’estrarre queste preziose sostanze dagli scarti di lavorazione del pesce prodotti ogni anno in enorme quantità (milioni di tonnellate) attraverso un processo di economia circolare. Che sia, però, semplice ed economico.
I ricercatori di Cnr e Università di Palermo hanno quindi dedicato a Giovanni Tumbiolo, pioniere della bioeconomia del mare fondatore del meeting internazionale Blue Sea Land, la scoperta di un processo per estrarre rapidamente e in alte rese i preziosi grassi omega-3 dagli scarti di lavorazione dell’acciuga: il pesce più pescato al mondo e il più pescato anche in Italia
Come dettagliato nello studio «A Circular Economy Approach to Omega-3 Extraction», è sufficiente ‘frullare’ gli scarti di lavorazione del pesce mescolati con una piccola quantità di limonene e poi estrarre gli omega-3 dalla purea risultante con un’ulteriore aliquota di limonene.
Il limonene è il componente principale dell'olio essenziale di arancio. Oltre ad essere un potente solvente per i grassi è anche una sostanza naturale antiossidante, antibatterica ed antiparassitaria, che protegge i delicati omega-3 dall’ossidazione che poi finirebbe per limitarne l'efficacia come integratori alimentari. L'olio ottenuto, inoltre, ha un contenuto molto elevato di vitamina E in forma di alfa-tocoferolo: ovvvero quella più benefica per l'uomo, il che rende l'olio di pesce estratto in questo modo di altissimo pregio.
Utilizzando quelli che finora erano stati processati come ‘rifiuti’, l’industria conserviera di Sciacca che ha donato gli scarti, e tutte le altre che nel mondo producono grandi quantità di scarti lavorando il pesce, adesso hanno l’opportunità di divenire anche produttori della materia prima utilizzata per la produzione di questi formidabili integratori.