In tv o negli spot che girano sui social sembra tutto facile: basta decodificare il proprio Dna per sapere se si è a rischio di cancro, o di qualche altra malattia. Del resto, oltre alle pubblicità che arrivano dai mezzi di comunicazione, ci sono anche le storie, importanti, come quelle, per esempio di Angelina Jolie, a creare ulteriore apprensione. L’attrice americana infatti, dopo aver scoperto di avere un profilo genetico ad alto rischio ha deciso di sottoporsi ad un intervento chirurgico radicale: si è fatta togliere, oltre alle ovaie, anche il seno.
Il futuro predetto dai geni
Ora dagli Stati Uniti una notizia che aggiunge carne al fuoco. La Food and Drug Administration (FDA) ha dato il via libera alla commercializzazione del test "Personal Genome Service Genetic Health Risk" (GHR) della start-up californiana “23andMe” che promette ai clienti di conoscere il rischio di sviluppare alcune patologie genetiche tra cui il morbo di Alzheimer e di Parkinson, direttamente attraverso un semplice prelievo di saliva senza alcun filtro medico.
Aumenta il rischio dei "non pazienti"
E’ solo l’ultimo prodotto in arrivo su un mercato davvero assai florido. Occorre però mettere in guardia sulle reali potenzialità di questi strumenti diagnostici innovativi. Qualunque test che riguarda la genetica infatti, dovrebbe essere sottoposto ad una consulenza genetica pre e post. Prima di tutto perché occorre evitare, in tutti i modi di creare una nuova categoria, quella dei “non pazienti”, ossia di quelle persone che stanno benissimo, non hanno sintomi e sull’onda delle informazioni sbagliate chiedono di effettuarlo.
Un fenomeno comparso proprio a seguito della grande eco che ha suscitato sui media la decisione di Angelina Jolie. Però occorre ribadire che il test molecolare Breast Cancer Susceptibility (Brca) (noto come test Jolie) non è un test per tutte e va gestito con competenza. Per questo i genetisti invitano a non generalizzare e ad evitare la corsa ad esami che devono essere interpretati con competenza o che potrebbero essere persino inutili. La genetica non può essere banalizzata altrimenti diventa un 'genoscopo'. Un oroscopo di quello che c’è scritto nei geni. I dati vanno interpretati in maniera cauta e precisa.
Non esiste un genoma perfetto
Il problema che tutti dovremmo infatti considerare è che non esiste un genoma perfetto. Se ciascuno di noi andasse a decodificare il proprio genoma potrebbe infatti trovare tra le 30 e le 70 mutazioni genetiche gravissime. Ma questo non significa che queste singole mutazioni possano comportare dei rischi concreti. La questione è infatti molto più complessa e va valutata proprio all’interno di questo quadro di complessità.
La consulenza genetica resta necessaria
Il caso del “Test Jolie” e’ eloquente. La percentuale delle pazienti che non hanno una storia familiare per tumore ovarico e che hanno la possibilità di svilupparlo è meno del 2%, si rischia quindi di fare esami inutili. Conosciamo almeno 25 geni diversi che mutati comportano un aumento di rischio per cancro alle ovaie e la mammella, e i geni Brca sono solo due di questi. Ecco perché la consulenza genetica al pre test è necessaria per capire che tipo di test va fatto, a chi va effettuato e quando farlo. Non si può generalizzare e ricondurre il tumore alla mammella o all’ovaio al singolo test genetico relativo a uno specifico gene. Non basta quindi individuare la mutazione genetica questa va capita, analizzata e contestualizzata, all’interno della storia del paziente e questo compito spetta al genetista. Qualunque test che riguarda la genetica quindi deve obbligatoriamente passare attraverso il genetista perché è l’unica figura professionale che può stabilire il rischio genetico per ogni paziente. Non è un caso che il Ministero della Salute raccomanda necessariamente una consulenza genetica pre test e post test.
Attenzione e cautela quindi perché la valutazione del rischio genetico non è solo il Dna, ma anche la sua interazione con la storia familiare, l'ambiente, lo stile di vita, i farmaci assunti. È quindi un sistema complesso che chiamiamo rischio predittivo, ma solo uno specialista, e spesso, un vero e proprio gruppo di specialisti tra cui un oncologo, uno psicologo e un genetista, può riuscire a interpretare meglio cosa si cela tra le lettere del nostro codice genetico e quali sono i nostri reali rischi specifici. Leggere i dati del Dna senza saperli interpretare è inutile.