Signore e signori, la carne coltivata è servita! Si tratta di carne artificiale commestibile creata in laboratorio, a partire da colture di cellule staminali (embrionali o adulte) di origine bovina, o di altro animale, e anche definita carne pulita perché non ha mai interagito con sangue nè osso, né con ormoni o antibiotici, e ancor meno con microorganismi. In pratica, le cellule staminali di origine animale vengono aiutate a trasformarsi (differenziarsi) rapidamente in cellule muscolari grazie alla co-coltura con cellule muscolari scheletriche oppure all’uso di fattori di crescita di sintesi o di efficienti tecniche di manipolazione genica.
Una ricerca iniziata nel 2002
La nuova notizia tecno-alimentare pubblicata recentemente su La Repubblica è il risultato di una lunga serie di esperimenti iniziati nel 2002 presso il Touro College di New York e finanziati dalla National Aeronautic and Space Administration (NASA). Mentre, i primi esperimenti in Europa hanno avuto inizio nel 2006 presso le università di Eindhoven e Maastricht, fino a dare vita, nel 2007, al primo consorzio di carne artificiale, dedicata alla produzione di insaccati. Un primato commerciale tutto europeo, favorito anche dall’azione di media non condizionati dalle lobbies di agricoltori ed allevatori, che sono molto influenti negli USA (Meat Science 95 (2013) 445–450).
Un alimento più salutare della carne animale
Si tratta di un alimento similcarne con un livello bilanciato di acidi grassi essenziali (omega 3 e 6), vitamine (D e B12) e ferro, senza L-carnitina, una trimetilamina abbondante in carni rosse e che può favorire l’insorgenza di aterosclerosi, e senza il rischio di contaminazioni da parte di pericolosi batteri, come l’Escherichia Coli e la Salmonella. Una nuova materia prima che si candida a diventare l’alimento chiave della dieta dei salutisti più radical chic, oltre che di malati di diabete tipo 2 o di malati di cancro, vista l’assenza di grassi, nonostante sapore, odore e consistenza siano ancora perfettibili.
I vegetariani torneranno a mangiare carne
Un prodotto di elevata ingegneria tissutale che restituirà, a chi ha scelto lunghe astinenze dalle carni per salvare la vita agli animali e/o all’ambiente, il piacere di polpette (e di bistecche stampate in 3D!) generate in sterili capsule di Petri, sferzate dal doppio flusso d’aria sterile laminare sotto la luce di freddi neon e allevate nel tepore di controllati bioreattori.
Un business che interessa Bill Gates e Brandson
La novità, oggi, è che le predizioni fantasiose del primo novecento del conte irlandese Frederick Edwin Smith (Birkenhead, Smith FE (1930) In: Earl of. The world in 2030 A.D, vol 1930. Hodder and Stoughton, London) e del primo ministro inglese Winston Churchill ( Churchill W (1932) Fifty years hence. In: Thoughts and Adventures London: Thornton Butterworth pp 24–27.) sono diventate una realtà dalle planetarie potenzialità finanziarie. Ciò lo dimostra il grande interesse per la carne artificiale da parte di facoltosi uomini d'affari, come Bill Gates, il fondatore della Microsoft, e Richard Brandson, il fondatore della Virgin, e di aziende agricole leader mondiali, come la Cargill Inc.
Un simil-hamburger costerebbe 15 dollari
Dopo l’europea In-Vitro Meat è in arrivo Memphis Meats, la start-up californiana creata dal dr. Gates, insieme ad altri investitori come Google Ventures e Khosla Ventures. Si tratta del più recente modello di macelleria virtuale che sia riuscito a raccogliere poco più di 22 milioni di dollari, in pochi mesi. Ad oggi, un panino con hamburger di similcarne costerebbe poco più di 15 dollari, ed è probabile che il suo prezzo scenda ancora nei prossimi anni, visto l’interesse ad incrementare la percezione della genuinità del prodotto attraverso l’uso in etichetta della definizione di surrogato di carne naturale (10.1016/j.appet.2017.03.019).
Sdoganamento culturale della carne artificiale
Non ci sono dubbi, invece, che la carne artificiale metterà d’accordo tutti coloro che, negli ultimi anni, hanno deciso di annullare il valore nutrizionale della carne animale a favore di improbabili miraggi vegetali a base di soia. Con lo sdoganamento culturale della carne coltivata, infatti, si potrebbe risolvere l’annoso problema della produzione intensiva di carni tradizionali in risposta alle richieste di una popolazione mondiale in inarrestabile crescita. Uno studio della FAO rivela che la richiesta mondiale di carne raddoppierà nelle prossime decadi (FAO (2006). Livestock's long shadow — Environmental issues and options. FAO Publications.), fino a giungere a 300 milioni di tonnellate nel 2020.
Produrre bistecche tradizionali sarà insostenibile
In assenza di soluzioni alternative valide, quindi, la produzione di una bistecca sarà sempre meno sostenibile e più costosa (Post, M. J. (2012). Cultured meat from stem cells: Challenges and prospects. Meat Science, 92, 297–301.). La tecnica della carne artificiale, invece, garantirebbe la rapida produzione di 175 milioni di hamburger dalle cellule staminali di un solo bovino piuttosto che dalla macellazione di quasi 400.000 animali, senza gravi ripercussioni sui costi.
Effetti sull'uomo ancora ignoti
Sebbene gli effetti nutrizionali sull’uomo di questa rivoluzione della catena alimentare siano ancora ignoti, l’ingegneria tissutale potrebbe allontanare dalle nostre tavole lo spettro dei derivati di allevamenti intensivi, sempre più infarciti di insetticidi e farmaci, e di insetti, come locuste, cavallette o lepidotteri, per garantire un apporto giornaliero di proteine essenziali per il nostro organismo (44-55 grammi).
Il cibo del futuro aiuta a preservare l'ecosistema
La carne artificiale eviterebbe di convertire altri boschi in pascoli e in coltivazioni di foraggi, e aiuterebbe a preservare l’ecosistema. Il mondo alimentare di origine vegetale, infatti, visto l’incremento demografico mondiale, l’aumento delle temperature globali e la scarsità di acqua, ben presto potrebbe rivelarsi insufficiente a garantire il fabbisogno alimentare proteico giornaliero su larga scala. Una collaborazione tra biotecnologie, politiche del territorio e scienze sociali si renderà necessaria al fine di comprendere la reale sostenibilità socio-economica e tutti i limiti tecnici di questa nuova filiera, che dovrà sempre più avvalersi di protocolli sofisticati, personale altamente specializzato, laboratori ipertecnologici, e meno mannaie.
Viste le premesse, un giorno potremo dire: “C’era una volta il macellaio”.