Costruendo edifici e infrastrutture in modo appropriato ci si potrebbe difendere dagli effetti dei terremoti: abbiamo ormai conoscenze sufficienti della sismicità del nostro Paese e le necessarie competenze ingegneristiche. Manca solo l'impegno politico ma quella è un'altra storia. Non dimentichiamoci, però, che il nostro è anche un territorio fortemente vulcanico e che non esistono rimedi efficaci e concettualmente semplici per difendersi dalle eruzioni vulcaniche esplosive.
Vesuvio e Campi Flegrei
Due vulcani molto pericolosi, il Vesuvio e i Campi Flegrei, si trovano in una zona densamente popolata: una minaccia per circa due milioni di nostri concittadini.
Come ci si difende da un rischio simile? Esiste un solo modo: prevedere le eruzioni con un congruo anticipo temporale in modo da poter procedere alla evacuazione della popolazione a rischio.
La previsione di esplosioni vulcaniche è però tutt'altro che garantita. I meccanismi con cui un vulcano dormiente si risveglia e passa alla fase eruttiva non sono ancora completamente compresi. Questo è drammaticamente vero per le caldere vulcaniche, come sono appunto i Campi Flegrei.
I Campi Flegrei
Il super vulcano dei Campi Flegrei
Alcune caldere sono chiamate ‘super vulcani’ perché nel passato hanno emesso dalle centinaia alle migliaia di chilometri cubi di prodotti vulcanici durante singoli eventi: i Campi Flegrei ricadono in questa categoria. Circa 39.000 anni fa eruttarono fra i 300 e i 400 chilometri cubi di ceneri, cioè rocce vulcaniche polverizzate. È un argomento che dovrebbe avere un'attenzione molto maggiore: la Vulcanologia fisica dovrebbe essere fortemente incoraggiata come disciplina a partire dal Vesuvio, dai Campi Flegrei e da tutti gli altri nostri vulcani.
Sanzionato un ricercatore dell'OV
Il 14 maggio 2015 un gruppo di senatori presentò un'interrogazione molto dettagliata sulla questione. Non è dato conoscere la risposta, che forse non c'è stata. Nel testo dell'interrogazione fra l'altro si fa riferimento ad una severa sanzione comminata ad un ricercatore dell'Osservatorio Vesuviano (OV) per aver espresso opinioni scientifiche in disaccordo con quelle "ufficiali". L'OV è la sezione napoletana dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) a cui è affidato il compito fondamentale di monitorare i vulcani partenopei. Di quelle opinioni non risultano smentite argomentate scientificamente. La cosa è preoccupante per fondamentali questioni di principio e potrebbe far nascere il sospetto che vengano tenute riservate informazioni importanti.
Il timore di un'eruzione
Tempo fa il tema è diventato attuale per un articolo scientifico, uscito su una prestigiosa rivista, che ha evidenziato segni che potrebbero preludere ad una fase di riattivazione dei Campi Flegrei. Non ci si aspetta una nuova super-eruzione perché le eruzioni degli ultimi 10.000 anni sono state tutte di dimensioni molto inferiori a quella di 39.000 anni fa. La questione resta comunque drammaticamente seria perché anche un'eruzione "modesta" potrebbe provocare danni notevoli.
Da decine di anni la caldera flegrea è soggetta a crisi periodiche (bradisismi) caratterizzate da sciami sismici e deformazioni del suolo. I bradisismi degli anni '70 e '80 del secolo scorso comportarono l’evacuazione del centro di Pozzuoli. Decine di migliaia di persone abbandonarono le loro case anche se poi, fortunatamente, il vulcano non eruttò.
Attualmente l’intensità dei fenomeni geofisici è inferiore di quella del passato. Dura ormai da una decina d’anni, mentre nel passato gli innalzamenti del suolo e l’anomala attività sismica si sono protratti non oltre un paio di anni. Quello che preoccupa è che la crisi attuale si manifesta attraverso processi che stanno accelerando nel tempo. Crisi con queste modalità hanno caratterizzato negli ultimi trent'anni le fasi pre-eruttive di caldere in altri luoghi nel mondo.
Che succede nel sottosuolo
Sotto i Campi Flegrei è in corso un processo di riscaldamento. Un processo che potrebbe far diminuire la resistenza meccanica dello strato di roccia che separa il magma dalla superficie. Ovviamente la risalita del magma ne risulterebbe facilitata.
Il sottosuolo dei Campi Flegrei è molto caldo: negli ultimi dieci anni i terremoti non sono mai avvenuti al di sotto dei primi 2 chilometri. Siccome un terremoto consiste nella propagazione di una frattura e siccome in un ambiente duttile una frattura non si può propagare se ne deduce che le temperature sotto i due chilometri sono elevate
Serve un progetto europeo
Il fenomeno meriterebbe uno sforzo speciale per essere meglio capito e misurato. Bisognerebbe intensificare gli studi, investigare con i migliori ricercatori e le migliori tecnologie a disposizione le variazioni che stanno avvenendo in profondità. Magari con un mega progetto europeo coinvolgendo i migliori vulcanologi in circolazione.
Stato d'allerta giallo
Non è certamente un caso che da tre anni lo stato d’attività del vulcano è ufficialmente passato dal verde, lo stato di quiete, al giallo, quello di attenzione scientifica. Non risulta, però, che il passaggio abbia coinciso con un reale sforzo mirato a una maggiore attenzione scientifica a quello che sta succedendo.
Un acutizzarsi della crisi, segnalato dai ricercatori impegnati nello studio dei segnali precursori delle eruzioni flegree, era già stato osservato tra il 2012 e il 2013. Nel 2015, i segnali registrati furono interpretati come un'intrusione di magma a basse profondità, un paio di chilometri al di sotto dell’area metropolitana di Napoli. Non è dato sapere che cosa queste osservazioni abbiano poi determinato operativamente.
Il 'paradosso' dei Campi Flegrei
Programmi di ricerca mirati a capire l’origine della crisi, originariamente programmati come progetti triennali, in un primo momento sono stati retrocessi a biennali e, successivamente, abbandonati definitivamente. Appare paradossale che questo scarso interesse avvenga dopo che i Campi Flegrei sono stati ufficialmente dichiarati in stato di attenzione scientifica.
Il ruolo dell'Ingv
Si spera che questa mancanza d'attenzione non vada ricondotta a programmi per lo sviluppo geotermico dell’area, che vede come protagonisti gli stessi organismi di ricerca, Ingv ed Università, consorziatisi nella società Amra, cioè proprio quelli che dovrebbero essere impegnati nella necessaria attenzione scientifica alla crisi in corso.
L'Ingv ha fra i suoi compiti istitutivi quello fondativo della sicurezza dei cittadini, e certamente non quello di dedicarsi ad "affari", con accordi con il ministero dello Sviluppo Economico.
Che l'Ingv si interessi a sviluppare lo sfruttamento dell'energia geotermica risulta da documenti pubblici che illustrano il progetto. Un progetto che prevede la perforazione di pozzi esattamente nell’area dove i segnali geofisici sono più intensi: sulle pendici orientali della Solfatara di Pozzuoli. In quell'area non solo si è concentrata l’attività sismica recente ma è proprio il luogo da dove il vulcano espelle enormi quantità di gas, dello stesso ordine di grandezza di quelle emesse da crateri vulcanici estremamente attivi! E questo a solo due chilometri dal centro di Pozzuoli!
Sarebbe utile che l'Ingv recuperasse il suo ruolo fondamentale di ente terzo, cioè di massima garanzia per la sicurezza dei cittadini e che nessuno censurasse la libertà di espressione della comunità scientifica sui temi di sua competenza. Che non siano cioè consentite intimidazioni di sorta, tramite sanzioni disciplinari, verso quei ricercatori che non condividono le opinioni dominanti e che, anzi, sia decisamente favorito il dibattito scientifico a tutti i livelli.
Opinioni diverse e dubbi sono sempre e comunque da considerare una ricchezza per lo sviluppo delle conoscenze .