Le donne non sono le uniche vittime dei femminicidi. Vi sono altre vittime, invisibili, che sopravvivono al dramma e ne portano i segni per sempre. Sono i figli: orfani “speciali”, per i quali il Parlamento sta finalmente definendo una legge. Secondo uno studio recente, in Italia sono circa 1.600 i bambini e gli adolescenti orfani di mamme uccise tra il 2000 e il 2015. Per loro in molti casi non c’è più neanche il papà, in carcere o morto suicida, ma c’è una nuova famiglia anch’essa colpita (nonni o zii), oppure del tutto sconosciuta, in caso di affido extrafamiliare o di ingresso in una comunità.
La proposta di legge in discussione
Cosa si può e si deve fare? La proposta di legge (n. 3772) che il 1 marzo la Camera dei Deputati ha approvato all’unanimità ed è ora in attesa del passaggio in Senato, punta a rafforzare la posizione processuale degli orfani, a garantirne il patrimonio e a sostenerli nelle principali necessità. Lo fa con misure concrete quali l’accesso al patrocinio a spese dello Stato in deroga ai limiti di reddito e la possibilità di vedersi liquidare, a titolo di provvisionale, almeno il 50% del presumibile danno economico.
Sono anche previste assistenza medico-psicologica gratuita, borse di studio e iniziative di orientamento e formazione, finanziate con uno stanziamento di 2 milioni di Euro annui a partire dal 2017. Nel passaggio al Senato il testo potrà essere ulteriormente migliorato, garantendo ad esempio un sostegno economico immediato alle famiglie affidatarie, anche nel caso in cui si tratti di familiari, e attivando forme efficaci di monitoraggio indipendente della legge stessa.
Ma 1600 orfani non sono che la punta di un iceberg
Nata dall’esperienza delle associazioni impegnate sul campo e dalla voce degli stessi protagonisti, la legge è solo un primo passo per riparare un grande torto che in questi anni si è compiuto nei confronti dei bambini sopravvissuti alle tragedie domestiche, dimenticati in troppi casi dalle istituzioni che avrebbero dovuto farsi carico della loro crescita.
I circa 1.600 orfani, comunque, non sono che la punta di un iceberg di una condizione molto più estesa che vede coinvolti centinaia di migliaia di bambini e adolescenti, piccoli testimoni di violenze che si consumano tra le mura domestiche. L’Istat ne ha stimati 400mila in Italia. E’ la “violenza assistita”, un termine tecnico che sta ad indicare tutti quei casi in cui un bambino assiste ad atti violenti tra familiari, comunemente a danno della mamma.
In queste circostanze i bambini non sono mai semplici spettatori: assistere a questi atti violenti ha su di loro un impatto devastante, di tipo fisico, psicologico e morale. Con l’aggravante che questo tipo di violenza è più silenziosa, difficile da raccontare, spesso negata dalle stesse vittime dirette.
C’è una bella e grande casa in provincia di Biella dove Save the Children – grazie alla donazione di una fondazione privata – accoglie, con le loro mamme, i bambini che hanno vissuto questo tipo di violenza. In questa casa comune, con il supporto esperto della cooperativa Esserci, le mamme e i bambini cercano di riallacciare i fili di una relazione che spesso è stata gravemente alterata dalle dinamiche familiari, i bambini ricostruiscono i pezzi di una vita quotidiana serena, le mamme sono accompagnate nell’avvio di una vita autonoma, sul piano abitativo e lavorativo, a partire dal recupero della fiducia in se stesse e nelle loro capacità. Si cerca di ricostruire, dunque, con tempo e pazienza, quello che la violenza ha distrutto. E’ una strada tutta in salita.
Per troppo tempo in Italia si è trascurato l’effettivo impatto che le violenze domestiche producono sui più piccoli. Occorre prendere atto della gravità e della vastità del problema e mettere in campo un piano organico di interventi al tempo stesso educativi, culturali e normativi per prevenire la violenza domestica ai danni dei minori e contenerne gli effetti disastrosi. Speriamo che il rapido varo della nuova legge per gli orfani dei femminicidi segni un punto di avvio.