AGI - Per la prima volta si riesce a fare un trapianto di cellule staminali su pazienti affetti di diabete di tipo 1. Le cellule rigenerate sono state capaci di produrre insulina. In passato esperimenti simili erano stato fatti solo su animali e con risultati di scarso rilievo clinico.
Questo studio rimarrà nella storia della medicina e apre forse la via definitiva all’utilizzo di cellule staminali in grado di funzionare. Circa 100 anni dopo la scoperta dell'ormone insulina, il diabete di tipo 1 rimane una diagnosi che altera la vita e talvolta mette a rischio la vita. La malattia è caratterizzata dalla distruzione delle cellule beta produttrici di insulina nelle isole di Langerhans del pancreas, che porta ad alti livelli di glucosio nel sangue.
Il progetto realizzato dopo 20 anni di studio, con la dedizione di oltre 15 persone a tempo pieno e finanziamenti di oltre 50 milioni di dollari dimostra come i grandi risultati scientifici ottengono sempre. Sfruttando gli studi di biologia dello sviluppo, una start-up americana, ViaCyte, ha inventato un processo riproducibile, brevettato e multistep per differenziare le cellule staminali pluripotenti in cellule endodermiche pancreatiche (note anche come cellule precursori pancreatiche; cellule PEC-01).
Il processo imita lo sviluppo naturale del pancreas umano. Durante ogni fase, i tipi e le quantità prescritte di fattori di crescita, mezzi di crescita e integratori dirigono le cellule staminali pluripotenti a progredire lungo il percorso di differenziazione fino a diventare cellule PEC-01. Una volta impiantate nel paziente, le cellule PEC-01, contenute in un dispositivo di impianto, sono state progettate per maturare in cellule beta funzionali e altre cellule dell'isola che controllano i livelli di glucosio nel sangue.
Ora due gruppi riferiscono di uno studio clinico di fase I/II in cui le cellule endodermiche pancreatiche sono state collocate in dispositivi di macroincapsulazione non immunoprotettivi ("aperti"), che hanno consentito la vascolarizzazione diretta delle cellule e impiantate sotto la pelle in pazienti con tipo 1 diabete.
Il protocollo al momento ha richiesto l’impiego di agenti immunosoppressivi, che proteggono dal rigetto del trapianto ma possono causare importanti effetti collaterali, come cancro e infezioni.
Le cellule trapiantate sono sopravvissute hanno permesso di ridurre il fabbisogno di insulina del 20% e aumentato l’intervallo temporale di somministrazione dell’insulina esogena. Questi primi risultati supportano gli investimenti futuri e le indagini sull'ottimizzazione delle terapie cellulari per il diabete.