Sgombriamo il capo dagli equivoci: la cannabis terapeutica – giovedì in Aula inizia, dopo due anni di attesa, la discussione di una legge volta a regolamentarne l’utilizzo - non è in alcun modo paragonabile a quella utilizzata ad “uso ricreativo”. Un concetto da tenere ben presente soprattutto quando si parla di legalizzazione. Mentre la prima -nonostante i problemi di reperibilità- rappresenta un farmaco a tutti gli effetti, la seconda non ha a che fare con ciò che è terapia. Ecco perché pensare di risolvere il problema dell’approvvigionamento della cannabis attraverso la legalizzazione è tutt’altro che una soluzione. Senza entrare nel merito dei pro e dei contro circa la legalizzazione, la marijuana “per piacere” nulla ha a che vedere con l’utilizzo medico.
La scienza in questo senso parla chiaro: per ottenere un effetto terapeutico dalla cannabis occorre bilanciare in maniera controllata i diversi componenti. THC e CBD sono in assoluto i più importanti. Il primo è responsabile dell’effetto farmacologico, il secondo tampona gli effetti del primo. Ecco perché il dosaggio controllato è fondamentale per ottenere un effetto terapeutico. Un dosaggio che può avvenire solo attraverso un iter di ricerca, sviluppo e produzione del tutto identico a quello che avviene per altri farmaci e lontano dunque anni luce dal “fai da te”.
Proprio per la diffidenza che si è generata negli anni circa il suo utilizzo ad “uso ricreativo”, gli studi che riguardano gli effetti della cannabis terapeutica sono ancora molto pochi: ad oggi, a differenza di quanto si possa pensare, la marijuana è indicata principalmente per il controllo di nausea, vomito e appetito in particolare nei pazienti sottoposti a chemioterapia. Accanto a questo utilizzo, ben documentato dalla letteratura scientifica, si affiancano alcuni studi sui vantaggi dell’utilizzo della cannabis nel controllo del dolore cronico. Oltre a queste indicazioni la marijuana a scopo terapeutico viene utilizzata – ma mancano ancora studi solidi che ne provino l’efficacia - nella gestione del dolore in chi soffre di sclerosi multipla e sindrome di Tourette.
L’utilizzo della cannabis per queste patologie ad oggi è possibile solo ed esclusivamente attraverso prescrizione medica. Ma è proprio a questo livello che l’ingranaggio si inceppa. Al momento l’accesso è regolamentato da un decreto ministeriale la cui applicazione è tutt’altro che omogenea. Interpretazioni a livello Regionale circa il rimborso, difficoltà di approvvigionamento e distribuzione (la produzione da parte dello stabilimento militare di Firenze è ben lontana dall’essere su scala industriale) e scarsa conoscenza delle potenzialità terapeutiche da parte della classe medica sono solo alcuni dei motivi che rendono la cannabis inaccessibile a chi ne avrebbe bisogno.
La discussione che approderà in Aula dovrà tenere conto di tutti questi fattori. La speranza – soprattutto per i malati - è che nel dibattito non prevalgano le contrapposizioni ideologiche che nulla hanno a che fare con la materia. Le “canne”, medici e classe politica, sono ben altra cosa.