Si parla spesso di partecipazione, di luoghi e di strumenti di partecipazione. Ma il più delle volte non si ha l’esatta cognizione delle implicazioni che possono discendere dalle azioni che vengono attivate quotidianamente dai cittadini in forma organizzata o meno e dei benefici da cui tutti possono trovare giovamento.
Cittadinanzattiva pratica tali azioni fin dalla sua costituzione nel 1978 con modalità sempre rinnovate nel tentativo di leggere i segni dei tempi al fine di anticipare e di preparare il futuro.
Quando si parla di partecipazione, l’idea generale si volge alla partecipazione elettorale; ad ogni appuntamento il primo dato che viene monitorato è quello della partecipazione al voto: la maggiore o minore affluenza viene letta da tutti come uno degli elementi di tenuta del sistema democratico.
Ma tale approccio è limitante e fuorviante. Infatti tale azione si riferisce alla democrazia rappresentativa e ai suoi istituti. L’azione delle organizzazioni civiche si sostanzia in un campo più vasto e spesso più complesso: quello della democrazia partecipativa che ha sue regole, intralci e resistenze.
E’ un campo di azione vasto perché interessa le politiche pubbliche e si inserisce nel contesto della ricerca costante dell’interesse generale e della cura dei beni comuni, della tutela dei diritti dei cittadini e del sostegno a persone in difficoltà.
Nello specifico l’azione di Cittadinanzattiva per la partecipazione in sanità ha fondamenti nella legge istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale (legge 833 del 1978 e successive modificazioni). Non è qui il caso di riportare i passaggi, anche molto rilevanti del percorso di sviluppo della partecipazione in sanità.
Quello che interessa è oggi ribadire, rilanciare e immaginare una modalità di governo del Servizio Sanitario Nazionale centrato sulla cura del bene comune salute, sulla capacità di attivare o meno percorsi reali di partecipazione e, soprattutto, che la partecipazione diventi sempre più un’azione e non solo uno spot. Un modo di essere prima che di comunicare, un modo di fare sistematico più che di regolamentare azioni, una capacità strategica e innovativa più che un’azione lasciata a disposizione di questo o quel referente della PA.
Già perché la partecipazione civica, per le sue innate caratteristiche, è propria dell’agire civico e si deve mettere in relazione con la PA ma non esserne condotta, regolata o, peggio, strumentalizzata da questa.
Maggiore partecipazione civica inoltre garantisce una migliore qualità della democrazia e dei suoi sistemi di consenso e di dibattito pubblico ampliando necessariamente la platea dei cittadini e delle loro organizzazioni che possono prendere parte a percorsi che portino poi a decisioni pubbliche.
Gli esempi di partecipazione civica in sanità sono ormai tantissimi: si va dalla promozione di norme nazionali (la Legge 38/2010 sulla terapia del dolore ad esempio), regionali; di Protocolli di azione tra PA e organizzazioni civiche; di monitoraggi civici sulla qualità dei servizi sanitari per il miglioramento degli stessi (Audit civico…); di progetti volti a far emergere le criticità per individuare insieme e non contro le PA una soluzione valida per tutti e replicabile in altri contesti.
La sanità è migliore se partecipata. Produrre decisioni condivise, infatti, consente di arrivare a soluzioni che rispondono ai bisogni reali dei cittadini con importanti risparmi anche per le risorse pubbliche. Questo vale specialmente per regioni come il Lazio, costrette a fare i conti con anni di severe politiche di razionalizzazione. È quanto emerso nell’evento “Partecipazione in sanità: il ruolo di pazienti e cittadini nel Lazio” realizzato oggi a Roma da Cittadinanzattiva-Tribunale per i diritti del malato con il contributo non condizionato di Janssen. Si tratta del primo di quattro appuntamenti regionali che puntano a riportare al centro delle scelte in sanità i cittadini ed i pazienti. Quando il Lazio, solo per fare un esempio, ha costituito nel 2011 la Commissione di vigilanza sul sistema emodialisi, che coinvolge nella regione 5mila pazienti, si sono ottenuti risultati importanti che hanno migliorato la qualità dell’assistenza ai pazienti con insufficienza renale cronica. Almeno fino al 2016, anno in cui la commissione non è più stata ricostituita.
La partecipazione allora si nutre di competenza civiche, di tecnologie di tutela, di un’azione costante di relazione con tutti gli interlocutori (pubblici e privati) che hanno un interesse a modificare, a cambiare, a migliorare la realtà dei servizi pubblici.
In fondo la partecipazione civica è un vero e proprio mestiere.
Non è facile, non è scontato, comporta fatica vera, capacità di attivare percorsi, si essere esigenti verso la PA e verso le proprie organizzazioni civiche di riferimento che, grazie alla partecipazione, modificano e si modificano esse stesse.
Per questo la partecipazione è un tesoro inestimabile che deve essere messo a frutto e che non può mai diventare merce di scambio per rendite di posizione.
E alla fine parlare di partecipazione non serve. Serve farla. Sul serio.
di Elio Rosati, Segretario regionale Cittadinanzattiva Lazio