Il caso di Vigevano sta rimbalzando su tutti i giornali nazionali. Un gruppo di una decina di adolescenti, la maggior parte 15enni e di buona famiglia, avrebbe messo in atto una serie di prevaricazioni di una violenza inaudita, scegliendo come vittime predilette ragazzi coetanei molto fragili e incapaci di reagire e di difendersi. Per mesi sono state perpetrate umiliazioni, denigrazioni, violenze fisiche, ma anche violenze a sfondo sessuale andando completamente a distruggere le varie vittime da un punto di vista fisico e psichico.
Il dato che fa riflettere non è tanto l'età di questi ragazzi, ma l'essere di buona famiglia. Oggi non dobbiamo più andare a cercare la violenza dentro condizioni particolarmente svantaggiate o pensare a ragazzi con dei profili a rischio ben evidenti e conclamati. Troviamo la violenza in quelli che possono essere considerati agli occhi di genitori e insegnanti adolescenti in un certo senso "normali".
Negli ultimi anni, infatti, la devianza minorile ha subito profonde trasformazioni. Apparentemente a questi ragazzi, non manca niente e possono veder soddisfatta ogni loro richiesta, ma manifestano una marcata onnipotenza, non si accontentano e devono cercare nella messa in atto di queste condotte un altro modo di manifestare il proprio potere e nascondere a se stessi il vuoto interiore e il bisogno di riconoscimento.
Cos'è una baby gang?
Le baby gang sono gruppi di ragazzi, tendenzialmente maschi, che si uniscono già a partire dai 10-11 anni d’età, che vivono e sperimentano le loro scorribande nella strada e in giro per la città. Hanno un posto di ritrovo fisso e sono anche abbastanza abitudinari. La gang ha spesso e volentieri un carattere deviante e differisce da altri gruppi di adolescenti perché è più aggressiva e ha finalità distruttive e violente. Le sue attività sono orientate al raggiungimento di scopi concreti che richiedono un’organizzazione più strutturata e una solidarietà maggiore tra i membri del gruppo, che mette in atto una serie di comportamenti in maniera sistematica. Ogni occasione è motivo di misurarsi con se stessi e con gli altri e a volte inventato giochi violenti, tanto per “divertirsi”, per noia, per sfida e per sentirsi potenti davanti alla loro impotenza.
Infatti, generalmente sono ragazzi che canalizzano il proprio disagio interiore attraverso comportamenti a rischio come il fumo, l’abuso di alcol e l’utilizzo di droghe e attraverso condotte aggressive eterodirette come risse, cioè più persone coinvolte contemporaneamente in una lite o in una colluttazione violenta in cui c’è l’intento di ledere l’altro e atti vandalici, ovvero sferrare l’attacco contro lampioni, cartelli stradali, panchine dei parchi, cabine telefoniche, ma anche contro beni appartenenti a privati, auto parcheggiate, e qualsiasi cosa trovino sulla strada.
Quali sono i numeri in Italia?
Secondo i dati dell'Osservatorio Nazionale Adolescenza su un campione di 7.000 adolescenti sul territorio nazionale, il 6,5 per cento degli adolescenti fa parte di una gang, che intenzionalmente sferra attacchi nei confronti dei loro coetanei o danneggiano strutture pubbliche o private, come la scuola, compiendo furti o veri e propri atti di vandalismo. Il 16 per cento ha commesso atti vandalici e 3 ragazzi su 10 hanno partecipato a risse.
Il ruolo della tecnologia come mezzo per manifestare il proprio coraggio
Ovviamente, oggi non può mancare il supporto della tecnologia, la condivisione che aumenta la portata e alimenta maggiormente gli animi. Si cerca intenzionalmente la popolarità, rappresenta un'ulteriore sfida, una condizione che li fa sentire ancora più potenti di quanto si sentano. Tutte queste aggressioni sono state rigorosamente riprese attraverso gli smartphone e condivise nelle varie chat e i profili dei social network. Infatti, ormai, anche le gang si sono digitalizzate, e spesso, condividono le loro “gesta” sui vari social media, creando gruppi appositi che fungono da rinforzo e condivisione di condotte delinquenziali. A volte questi adolescenti utilizzano questi canali per rendere direttamente pubblico il loro operato, anche come sfida aperta alle autorità, e per essere rinforzati dai “mi piace” della rete che li rendono ancora più onnipotenti.
Cosa scatta nella testa di questi ragazzi?
Le baby gang ruotano intorno al meccanismo della DERESPONSABILIZZAZIONE e dell’EFFETTO BRANCO, perché nel gruppo è come se ci fosse una divisione della responsabilità, la condivisione di ciò che viene fatto aumenta anche la portata e la potenziale gravità delle azioni commesse. Ci si sente meno colpevoli e ciò che viene fatto in gruppo con elevata probabilità non si farebbe mai da solo. La spinta degli altri aiuta e tante volte lo si fa appunto perché lo fanno altri membri del gruppo, non ci si può tirare indietro, significherebbe essere dei codardi e dei vigliacchi. La gang ha una sorta di modus operandi e una sorta di "codice" da rispettare, altrimenti si è tagliati fuori. Si arriva a sviluppare una sorta di identità gruppale che funziona in maniera differente rispetto a quella individuale, in cui ci si riconosce, identifica e si appartiene.