Nella Repubblica Democratica del Congo dal 4 aprile al 17 maggio di quest'anno sono stati segnalati 45 casi di persone infette dal virus Ebola, di cui 25 deceduti. Ebola non è una novità per quella nazione Africana: negli ultimi 40 anni ci sono stati nove episodi epidemici, per la maggior parte in remote aree rurali. L'anno scorso, ad esempio, tra maggio e luglio si sono avuti 8 casi con 4 decessi. Nel 2014 ci sono stati 66 casi e 49 morti.
Il virus Ebola è noto dal 1976 e per tutto questo tempo ha circolato nella zona equatoriale africana, causando circa 30 epidemie. La più grave è stata quella che ha interessato Liberia, Sierra Leone e Guinea con oltre 25.000 casi e 10.000 vittime. Nessuna epidemia precedente aveva avuto dimensioni simili. Il motivo è stato l'interessamento di grossi centri urbani, rispetto alle epidemie nelle aree rurali scarsamente popolate e quindi più facilmente controllabili. L'allarme attuale riguarda proprio questo pericolo: dalla remota zona del Bikoro, il virus ha raggiunto la città di Mbandaka con oltre un milione di abitanti.
Ebola è un virus che si ritiene sia stabilmente presente nelle popolazioni di pipistrelli equatoriali, comuni abitatori delle foreste. Il loro guano può infettare altri animali, inclusi i primati. Oltre al guano, anche la macellazione di animali infetti, pipistrelli inclusi, a scopo alimentare, può causare il passaggio del virus all'uomo tramite contatto con il sangue. Il virus Ebola si trasmette infatti solo da un individuo in fase acuta di infezione attraverso i suoi liquidi corporei, in particolare sangue, muco e vomito. È possibile il contagio con il liquido seminale anche da una persona guarita da Ebola per alcune settimane. Ebola non si trasmette per via aerea né durante il periodo di incubazione e quindi il contagio richiede sempre un contatto diretto con un paziente altamente viremico. La fase acuta di Ebola è caratterizzata da sintomi molto forti, febbre alta, dolori muscolari, emorragie interne. Il paziente è allettato, non se ne va in giro e quindi i contagi sono sempre tra famigliari che assistono i malati in casa o tra gli operatori sanitari.
Il rischio di avere un'epidemia di Ebola importata nei nostri paesi è virtualmente nullo, come è stato ampiamente dimostrato nel corso dell'epidemia del 2014. Tuttavia per i paesi colpiti Ebola è una tragedia e ogni sforzo deve essere fatto per limitare il diffondersi del virus. L'OMS si è già mobilitata e con essa molte ONG che stanno già operando sul campo. Attualmente non esiste una cura per Ebola: il paziente o sopravvive o muore. Quello che si fa è cercare di supportarne le funzioni vitali in modo da consentire il superamento della fase critica. Compito non facile nei paesi con infrastrutture sanitarie molto fragili. La diffusione del virus si combatte anche agendo a livello culturale: i riti funebri, ad esempio, con le pratiche tradizionali di lavaggio, preparazione ed esposizione del defunto ai parenti e amici per giorni, hanno contribuito moltissimo alla diffusione del virus nell'epidemia del 2014. Ci sono però alcuni strumenti terapeutici sviluppati proprio a partire dall'ultima grande epidemia: anticorpi per immunoterapia passiva e un vaccino sperimentale, che aveva dimostrato efficacia nelle ultime fasi dell'epidemia del 2014 e le cui prime dosi sono già state inviate in Congo. Ma la configurazione del territorio e le condizioni socio-economiche di quel paese non rendono facile l'intervento. Tuttavia, ancora una volta, ogni allarmismo al di fuori dei paesi confinanti con la Repubblica Democratica del Congo, e ancor più per i paesi occidentali, è del tutto ingiustificato. Ebola è un virus confinato in una precisa area africana e tale resterà.