Di recente è stato pubblicato uno studio condotto a Roma presso la Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS – Università Cattolica, con il supporto tecnico dell’IRCCS S. Raffaele Pisana su un metodo di screening della popolazione generale oltre i 50 anni con minimi disturbi cognitivi evidenziati dai tests neuropsicologici per sapere chi si ammalerà di demenza (anche di Alzheimer). Si tratta di un doppio test basato su un prelievo di sangue e un elettroencefalogramma (EEG). I soggetti definiti Mild Cognitive Impairment (MCI) presentano un lieve declino cognitivo evidenziato dai test neuropsicologici. Questa popolazione ha un rischio 20 volte più elevato di ammalarsi di demenza rispetto ai coetanei sani. Ma solo la metà di coloro che hanno una forma di declino cognitivo lieve svilupperanno effettivamente poi una qualche forma di demenza; a oggi non è dato prevedere chi si ammalerà e chi no in modo semplice, economico e non invasivo, ma servono esami onerosi come la Tomografia ad emissione di Positroni (PET), la risonanza magnetica o la puntura lombare.
La ricerca pubblicata sulla prestigiosa rivista Annals of Neurologypotrebbe rappresentare la base per un modello organizzativo dedicato alla precocissima identificazione di soggetti ad elevato rischio di ammalarsi di demenza in un modo semplice e rapido. Basteranno infatti un EEG eseguito in modo routinario (ma analizzato con metodi estremamente sofisticati) e un prelievo di sangue per l’estrazione del DNA.A oggi manca nella pratica clinica un test siffatto, che potrà essere di grande aiuto sia per le persone con declino cognitivo, sia per le loro famiglie, per iniziare il prima possibile i trattamenti medici e riabilitativi, per introdurre le necessarie modifiche nello stile di vita e per orientare per tempo scelte anche difficili che si è costretti ad affrontare in caso di diagnosi di demenza.
Il test ha dimostrato un’accuratezza fino al 92%. Il prelievo di sangue serve a condurre un semplice test genetico alla ricerca di una mutazione legata al rischio di Alzheimer, sul geneApoE. Mentre i segnali registrati con l’Eeg sono interpretati con un’analisi matematica (teoria dei grafi)che consente di capire come sono connesse tra loro le diverse aree del cervello.
Il declino cognitivo lieve risulta ai normali test neuropsicologici (che in genere vengono effettuati per modesti deficit di memoria o perché c’è una significativa familiarità di demenza) è caratterizzato da piccole défaillance misurabili, ma che non impattano nelle abilità di vita quotidiana, di relazione, affettiva, professionale del paziente. In Italia ci sono attualmente circa 735.000 persone con questo tipo di lieve declino cognitivo. Nel giro di 1-5 anni dalla diagnosi 1 soggetto con declino cognitivo su 2 svilupperà la demenza vera e propria.
Il test è stato sviluppato partendo proprio dall’idea di disporre di una metodica semplice, a basso costo, disponibile su tutto il territorio nazionale e non invasiva (come per esempio è la puntura lombare).
Sapendo in anticipo grazie al test se la persona si ammalerà o meno, il pazientepuò essere inquadrato in un percorso terapeutico con farmaci già disponibili e più efficaci in questa fase pre-malattia, può essere inoltre spronato a modificare i propri stili di vita (dieta, sport, fumo, controllo della pressione, della glicemia, della funzione cardiaca, della funzione tiroidea in modo da ridurre il rischio di demenza e/o di ritardare nel tempo l’esordio dei sintomi e/o rallentare la loro progressione.
Inoltre, quando arriveranno i farmaci innovativi destinati alle forme “prodromiche” di Alzheimer, dovremo avere lo strumento per intercettare per tempo quali sono i soggetti che certamente si ammaleranno.
Il test è utilizzabile da subito nella pratica clinica, ma è previsto un suo ’collaudo’ all’interno di un progetto di ricerca comparativa denominato INTERCEPTOR, di recente finanziato da AIFA e Ministero della Salute. Nel progetto vari tipi di tests saranno messi a confronto per valutare la loro accuratezza, i loro costi e la loro facilità di esecuzione all’interno di unmodello organizzativo su scala nazionale. Tale progetto è unico sullo scenario internazionale ed è già stato citato da ricercatori stranieri in numerosi congressi come un esempio di ricerca sanitaria di eccellenza. Purtroppo stiamo assistendo a un rallentamento dell’avvio del trial multicentrico (il Bando è già scaduto da oltre 2 mesi) per motivi inspiegabili. L’auspicio è che al più presto le nostre Autorità regolatori e colgano l’importanza di questa iniziativa scientifica e che la facciano partire al più presto ponendo il nostro Paese all’avanguardia nel mondo nello studio di questa grave, sempre è più diffusa e invalidante patologia neurologica.