Mentre Facebook vive la sua crisi di mezza età la crescita di Whatsapp e alle altre app di messaggeria istantanea è inarrestabile. Secondo una ricerca appena pubblicata presto nel mondo ci saranno più account di iscritti a uno dei questi servizi, di abitanti sulla Terra (che sono sette miliardi e mezzo): ovviamente questo non vuol dire che ogni essere umano ne avrà uno, visto che molti di noi ne hanno due o tre, ma il numero totale è impressionante anche perché dietro c’è una previsione di crescita costante dell’8 per cento nei prossimi quattro anni per arrivare nel 2022 a quota 8,6 miliardi di profili.
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Quando parliamo di questo tema di solito lo facciamo riferendoci all’uso personale che facciamo della app, magari esteso ai gruppi che spesso tengono unite le famiglie o alle famigerate chat scolastiche in cui genitori agguerriti discutono dei compiti dei figli e le condizioni delle aule. Ma c’è un settore della nostra vita in cui queste app stanno silenziosamente portando una rivoluzione: ed è il lavoro. Oltre a Whatsapp, che possiamo considerare un po’ il livello base, il minimo, ci sono moltissime app di messagistica professionali. La più popolare si chiama Slack, è stata adottata da diverse multinazionali e consente di organizzare l’intera attività di un ufficio sul telefonino, compresa la redazione collettiva di documenti multimediali e la costruzione di progetti complessi che richiedono del tempo.
Le stesse logiche dei gruppi familiari e scolastici portate negli uffici implicano uno stravolgimento di antiche consolidatissime e francamente insopportabili abitudini: meno riunioni estenuanti, per esempio; e meno email con decine di persone in copia. Ma l’altra faccia della medaglia è che si tratta di imparare a lavorare stando sempre connessi, sapendo reagire all’ultima notifica senza distrarsi, e peggio, a non avere mai pause. Se sei in una chat di lavoro e ti arriva un messaggio urgente alle 7 del mattino o a mezzanotte che fai? Fai finta di non averlo letto o ti attivi per risolvere il problema subito?
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È chiaro che il confine, il limite nell’uso professionale di queste app deve essere il buon senso. Ma va anche detto che su questo tema emerge un divario generazionale che non va sottovalutato: per chi ha più di 50 anni è molto faticoso adattarsi ad un modo completamente diverso di lavorare e non si contano casi di ribellione di chi dice “non voglio entrare nella chat di lavoro”. Capisco la difficoltà, ma non capisco la chiusura. Aggiornarsi, prendere il meglio delle nuove tecnologie è l’unico modo per non rimanere travolti dal futuro.