Le parole sono importanti. Lo sappiamo. E quando le scriviamo sul web lo sono ancora di più. Perché restano a futura memoria. A volte le usiamo con leggerezza e impulsività, come se fossimo al bar, ma purtroppo non svaniscono nell’aria. Col digitale è come se fossero scolpite nella pietra: non si cancellano.
E sebbene non abbiano la forza, l'autorevolezza, di una cosa scritta su un libro o su un giornale, hanno una viralità infinitamente maggiore, visto che basta un clic per condividerle con tutti. Insomma, è come se parlassimo in un bar, ma in un bar che è grande come il mondo dove il passaparola è istantaneo e globale.
Oggi e domani se ne parla a Trieste (a #paroleostili), per capire se c’è un altro modo per stare in rete. Ha aperto il dibattito la presidente della Camera Laura Boldrini che l’altro giorno, dopo aver lanciato la petizione bastabufale.it, ha scritto a Mark Zuckerberg per chiedergli conto di cosa fa Facebook per contrastare le bufale e l’odio che circolano sui social network (ma non nascono sui social, ricordiamocelo sempre).
Il discorso di Zuckerberg sull'odio rivolto a due miliardi di persone
Zuckerberg non ha risposto direttamente. Ma ieri ha pubblicato un lunghissimo post: 5.700 parole, per alcuni una sorta di discorso sullo Stato dell’Unione di un uomo che si rivolge ai suoi quasi due miliardi di utenti, un numero che ne fa il Paese più popolato del pianeta. Insomma, un testo da leggere con attenzione anche perché c’è un lungo passaggio sul tema delle #paroleostili in cui Zuckerberg ammette per la prima volta che sono stati fatti errori, anche gravi, e ne elenca alcuni. Poi riconosce che si deve poter fare di più per costruire una comunità globale informata e sicura
“There have been terribly tragic events -- like suicides, some live streamed -- that perhaps could have been prevented if someone had realized what was happening and reported them sooner. There are cases of bullying and harassment every day, that our team must be alerted to before we can help out. These stories show we must find a way to do more”.
E’ un bel passo avanti. Ma cosa fare in concreto? Non nuovi divieti, non altre censure, misure che continueranno ad essere impartite solo nei casi gravi e accertati. E allora? Zuckerberg sostiene che per distinguere al volo fra un post che parla dell’ISIS ed uno dove si fa propaganda al terrorismo e bloccare solo il secondo, ci vorrà l’intelligenza artificiale: oggi non c’è ancora un algoritmo così sofisticato da capire le sfumature di un testo, ma ci arriveremo. Già adesso però Facebook penalizzerà i post con un titolo sensazionalistico perché anche quelli, sostiene, fanno dei danni. Quali sarebbero? Quelli che condividiamo senza leggere, limitandoci al titolo a effetto, ma che se invece leggiamo non condividiamo più perché ci rendiamo conto che sono tutta fuffa. Questo un algoritmo è in grado di misurarlo. E quindi Facebook lo farà subito.
Una sgangherata proposta di legge non risolve il problema
Insomma come vivere e convivere nell’era dei social è la sfida dei nostri giorni. E non stupisce, ma dispiace che dal Parlamento venga una proposta di legge così sgangherata come quella appena presentata dalla senatrice Adele Gambaro (prima firmataria, non è sola) che punta non solo a punire col carcere quelli che scrivono post con parole di odio, ma a sanzionare persino chi diffonde notizie “esagerate o tendenziose” sul web. Perché solo sul web? Pensate a quante notizie non false, ma esagerate e tendenziose fanno circolare ogni giorno giornali, radio e tv; e immaginate se dovessimo sanzionarle tutte. E chi la stabilisce la Verità? E l’esagerazione? E la tendenziosità? L’algoritmo di Facebook lo farà già sulla nostra bacheca, come abbiamo visto, decidendo cosa farci vedere: vogliamo dare a Zuckerberg anche il potere giudiziario? O a chi altro?
C'è un sindaco che invita in Comune chi lo odia e un altro che va a prenderci il caffé
Mi piace piuttosto l’approccio del sindaco di Bari Antonio Decaro che ha usato Facebook per invitare quelli che su Facebook dicono di odiarlo, a guardarsi negli occhi. A parlarsi davvero. Lo hanno fatto oggi pomeriggio: nel palazzo comunale purtroppo si sono presentati solo in due ma non importa. E’ un inizio. Un segnale.
Come quello che ha dato un altro sindaco, di Sarzana, che si è presentato a casa di uno dei contestatori via social per prenderci un caffè. Che non vuol dire andare improvvisamente d’accordo, ma smettere di odiarsi. E’ un percorso faticoso che non prevede miracoli. Capirsi è una impresa difficile, ma non disperata. Ma tra l’intelligenza artificiale che verrà e la stupidità naturale di certe proposte, questa è forse l’unica strada possibile. I 10 comandamenti del manifesto di #paroleostili. Un web migliore dipende da noi. Buona fortuna a chi ci prova.