Martedì pomeriggio mentre la scuola italiana finiva inghiottita in un buco nero, totalmente ignorata nel dibattito sulla fiducia del nuovo governo, alcuni fra i migliori studenti d’Italia erano a Milano, a palazzo Lombardia, un grattacielo accanto alla stazione centrale dove ha sede la Giunta regionale. In una sala che avrà contenuto cinquecento persone, con un grande palco, si svolgeva la finale di Biz Factory. E’ il concorso che ogni anno da quindici anni premia le migliori idee di impresa nate sui banchi di scuola.
Quest’anno ha coinvolto sedicimila studenti fra i 16 e i 19 anni, che hanno dato vita a 780 mini-imprese. Embrioni di startup, ovvero idee per risolvere un problema usando con intelligenza la tecnologia e trovandosi un pubblico disposto a comprare quel bene o quel servizio. E’ un progetto fondamentale promosso da una organizzazione no-profit presente in oltre cento paesi del mondo, Junior Achievement. Li conosco piuttosto bene e per quello che ho capito parte dal presupposto che nessuna generazione ha mai avuto tante opportunità di cambiare il mondo e renderlo migliore: nessuna generazione ha mai avuto accesso a tanta conoscenza tramite Internet, nessuno ha mai avuto l’opportunità di contattare chiunque e creare una rete con un clic, nessuno ha mai avuto a disposizione tanta tecnologia a basso costo per sperimentare cose nuove.
Eppure la narrazione che si fa in questo paese della scuola è esattamente il contrario: con rare eccezioni, se ne parla per gli aspetti burocratici e sindacali degli insegnanti, o per deprecare l’alternanza scuola-lavoro perché metterebbe gli studenti al servizio delle aziende. O peggio per dire che la prima riforma da fare sarebbe rimettere la cattedra su un predellino per ridare autorevolezza ai professori. Ma come ha dimostrato l’emozionante finale di Biz Factory sono autorevoli quegli insegnanti che accompagnano gli studenti nelle infinite opportunità della rivoluzione digitale. A Milano ha vinto la startup Okelvin JA, creata dagli studenti dell’ISIS Malignani di Udine: intende produrre una etichetta che, attraverso speciali pigmenti termocromatici, cambia colore in base alla temperatura.
Può servire per il vino ma anche per i farmaci. Intanto l’urlo di gioia di quei ragazzi quando hanno vinto serve a tutti noi quando ci dicono che un paese dove il governo dimentica la scuola non ha molte speranze.