Aggiornato alle ore 17,30 del 6 marzo 2019*.
È il grande giorno del reddito di cittadinanza, “la più importante misura di redistribuzione della ricchezza mai fatta nel nostro paese”, come ricorda la propaganda del governo. Ma è stato anche il giorno in cui tutta la nostra debolezza sul fronte dell’innovazione e del digitale è venuta alla luce.
Succede questo: le domande per il reddito si possono presentare di persona, recandosi negli uffici postali o nei CAF, i centri di assistenza fiscale; oppure online, tramite il sito ufficiale. Si temeva il caos e non c’è stato. Niente assalti o file infinite. Ma la procedura online si è inceppata subito. Per accedere infatti era necessario utilizzare SPID, l’identità digitale, ovvero lo strumento che garantisce chi siamo quando interagiamo con la pubblica amministrazione. Ebbene per diverse ore sette fornitori di SPID su 9 non hanno funzionato: quando provavi ad accedere visualizzavi una pagina di errore. Solo gli SPID gestiti da TIM e Poste funzionavano, gli altri di no.
Il ministro Di Maio, che del reddito di cittadinanza all’italiana è considerato il padre, si è affrettato a minimizzare: “Se TIM e Poste funzionano, vuole dire che l’identità digitale funziona. Per gli altri casi, è un problema loro”. Ma sbaglia: se SPID non funziona è un problema nostro, intendo nostro come paese. SPID infatti è lo strumento fondamentale per fa funzionare la pubblica amministrazione digitale, ovvero un paese nel quale è possibile fare tutto online: iscrivere i figli a scuola, cambiare residenza, accedere alla propria cartella clinica, pagare multe e tasse. Tutto. Si tratta di una trasformazione fondamentale per avere uno Stato meno costoso, più efficiente e meno esposto a piccole e grandi corruzioni grazie alla trasparenza dei processi digitali.
Conte e Di Maio con la card del reddito di cittadinanza (Agf)
Senza SPID, cioé senza un forte e funzionante sistema di identità digitale, tutto questo non si può fare. Il problema è che SPID è stato pensato (male) come un progetto da affidare a società private che avrebbero dovuto ripagarsi il servizio facendoci sopra un non meglio precisato business. Ma dopo tre anni è chiaro che non c’è un business da fare sulle nostre identità digitali e così il servizio è stato abbandonato su un binario morto: costi al minimo, aggiornamenti azzerati. Con che risultati si è visto stamattina.
Il passo falso di SPID non deve offuscare la bella partenza del reddito di cittadinanza, ma questa a sua volta non deve farci dimenticare che il progetto di SPID va ripensato, in modo che tutti i cittadini abbiano dallo Stato una identità digitale gratuita e funzionante. Altrimenti resteremo il paese in declino dei cittadini in fila alla Posta.
*Post scriptum:
AssoCertificatori - l’associazione dei principali certificatori accreditati e operanti in Italia per il rilascio di firma digitale e posta elettronica certificata - ci ha mandato una nota per smentire la presunta causa dei problemi di accesso via SPID al sito del Governo. I disservizi ci sono stati, ma non sono imputabili alla responsabilità, o meglio a presunti errori, di nessuno dei gestori di identità digitale SPID. "Lo spiacevole contrattempo è stato, infatti, determinato unicamente dalla non corretta integrazione del portale governativo con l’infrastruttura SPID". Ne prendiamo atto, per nulla consolati.