Sì, certo, possiamo fare ironia, e sono sicuro che il Santo Padre non se la prenderà, possiamo fare ironia sulla app del papa. Già dal nome, click to pray, clicca per pregare, come se davvero bastasse un clic per entrare in comunicazione con Nostro Signore, come se quel contatore che vi campeggia - “oggi nel mondo abbiamo già pregato in 843 mila 742…” - non ricordasse la logica da videogame di Facebook più che la parola di Dio.
Possiamo sorridere del modo in cui è stata presentata urbi et orbi, dal balcone più famoso del mondo, quello di piazza San Pietro ovviamente; per tacere del fatto che parliamo di una app che in realtà esiste già da un paio di anni. Dov’è la novità? (il profilo del papa, pare, con le sue preghiere personali).
Ma torniamo al balcone, con papa Francesco che a un certo punto, dopo aver espresso il suo dolore per le vittime del Mediterraneo e di un attentato in Colombia, cambia argomento e goffamente, dolcemente, legge anche le note del discorso, tipo “adesso indicare il tablet”. E poi ci armeggia col tablet, lo tocca con l’indice della mano destra una due tre volte, senza riuscire a fare nulla pare, e alla fine chiede al prete che gli regge l’iPad (Fredric Fornos, 51 anni, direttore della rete mondiale della preghiera del pontefice), gli chiede “ce l’ho fatta?” e quello sorride per non dirgli di no, non è davvero riuscito a far partire la app click to pray.
Del resto lo aveva detto lo stesso papa Francesco qualche anno fa di essere “un disastro tecnologico”. Lo aveva fatto rispondendo alla domanda arrivata via webcam da una bambina, curiosa del fatto che il Santo Padre avesse definito Internet “un dono di Dio”. Sì, disse papa Francesco, lo è, “ma io non so usare il computer”.
Epperò questo dichiarato “disastro tecnologico” - che avvicina il papa alla situazione di molti di noi -, non gli ha impedito di capire davvero l’essenza della rete, un dono di dio appunto, di usare Twitter per diffondere la parola di Dio in tutte le lingue, e adesso di appoggiare questa app, fatta dai gesuiti, che può sembrare una banalizzazione di una cosa sacra, ma poi ci entri dentro, e scopri che è anche un social network, con le preghiere condivise di tutti gli utenti. Dietro quelle preghiere ci sono dei cuori. E dentro quei cuori c'è quasi sempre la parte migliore di noi.
E ripensi alle parole che papa Francesco ha detto domenica a San Pietro: "Internet e i social sono una risorsa del nostro tempo", ha detto, “uno strumento per condividere valori e progetti e sentirsi parte di una comunità”.
Pensateci un istante: sono mesi che a proposito di Internet, sentiamo parlare solo di notizie false, di violenze verbali e abusi di vario tipo. Ci voleva uno che non sa usare il computer per ricordarci che è uno strumento e che spetta a noi usarlo per un mondo migliore.