Tra le questioni che dovremmo archiviare una volta per tutte c’è la convinzione diffusa che i robot ci rubino il lavoro. Semplicemente: non è vero. È vero che a volte fanno lavori che prima facevamo noi esseri umani ma dove accade si creano impieghi nuovi e diversi. E il saldo è positivo. Qualche giorno fa sono usciti i dati sulla disoccupazione in 48 paesi sviluppati, che complessivamente rappresentano l’84 per cento della produzione del pianeta. Ed è venuto fuori che erano 40 anni che non c’erano in giro così pochi disoccupati: il 5,2 per cento della forza lavoro.
Lo sapevate? Non credo, le buone notizie non fanno mai notizia purtroppo. Eppure è dall’inizio degli anni 80 che la disoccupazione non era così bassa: quando non c’era il web, non c’era l’intelligenza artificiale e i robot si vedevano solo in qualche film di fantascienza. Insomma, nel mondo oggi ci sono sempre più robot, soprattutto nelle catene di montaggio, epperò la disoccupazione cala soprattutto in quei paesi come la Germania, il Giappone e la Corea del Sud che hanno investito di più in automazione. Sembra un paradosso se pensiamo a quanti lavori i robot e le piattaforme digitali svolgono, ma non lo è.
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Come mai? Le cause della crescita dell’occupazione sono diverse e per comprenderle è necessario andare oltre i freddi numeri. I dati infatti non fotografano la qualità del lavoro e quindi il fatto che il web e le app hanno abilitato una economia dei lavoretti, la cosiddetta gig economy, fatta di consegne di pizze a domicilio o di persone che arrotondano montando i mobili dell’Ikea. Anche in questi casi la tecnologia svolge un ruolo importante, visto che si tratta di impieghi gestiti e retribuiti tramite una app; ma i guadagni sono modesti e la precarietà dilaga.
Epperò resta il fatto che le economie che hanno investito non solo nelle tecnologie digitali, ma anche nelle competenze delle persone, crescono di più e meglio e creano più occasioni per tutti. Le altre restano al palo. Tra queste ci sono la Grecia, la Spagna e purtroppo l’Italia, che pure in termini di robot industriali è il settimo paese al mondo ma ha un tasso di disoccupazione più alto del 2007, l’anno che ha preceduto la grande crisi. Il rischio è convincerci che il nostro problema siano i robot e la tecnologia in generale, mentre possono essere la soluzione.