Chissà cos’è che ci spinge a lasciare il fidanzato su Instagram. A scegliere con cura i versi di un giovane poeta, noto peraltro solo fra i millennials, per raccontare come ti senti in quel momento lì, in cui una storia finisce. A tirare fuori dallo smartphone lo scatto, il selfie, che ti eri fatta una volta con lui, distesi su un letto, tu in accappatoio bianco, di quelli che trovi negli hotel di lusso, con gli occhi brillanti che ti vengono quando sei innamorata e appagata, lui forse nudo, con gli occhi chiusi e quindi probabilmente inconsapevole della foto che stai scattando. Inconsapevole soprattutto del fatto che quel momento così intimo, un giorno sarebbe finito su Instagram per la categoria #aftersex, le foto che le coppie postano dopo aver fatto l’amore (ce ne sono diverse decine di migliaia così).
E poco importa in fondo che loro non fossero soltanto una coppia, erano piuttosto la “coppia Italia”, di questa Italia sovranista che tanti ammirano e tanti detestano: loro erano, anzi sono, Elisa Isoardi e Matteo Salvini.
Non credo che si fosse mai visto il corpo nudo di un ministro dell’Interno sui social, per di più postato sul social network del gossip e del narcisismo. Poco importa perché la storia è la loro, la vita è la loro e la dignità dell’Italia non si misura da queste cose ma piuttosto dal territorio che ci frana sotto i piedi, dal numero bassissimo dei laureati, da quello record di giovani disoccupati, dal razzismo che avanza. Quanto all’Europa, guarda allo spread dei tassi di interesse non le condivisioni su Facebook. E noi ci stiamo a preoccupare di una foto di un leader politico desnudo su Instagram.
Quello che questa storia segnala piuttosto è la fine di qualcosa di molto più importante, che ci riguarda tutti, perché stiamo sempre tutti lì a postare pezzi della nostra vita, il figlio appena nato in sala parto, l’amore appena arrivato, la tristezza che monta, per non contare i microscopici successi professionali che condividiamo manco avessimo vinto il Nobel. Quello che questa foto e questo post della Isoardi segnalano, è che con i social ormai è morto qualcosa di antico eppure non vecchio, un sentimento, o meglio un atteggiamento che rendeva le cose della vita davvero speciali, uniche. Qualcosa che rendeva i nostri gesti autentici perché non erano fatti ad uso e consumo del pubblico della rete. È morta la riservatezza. E questa sì, non mi pare una gran bella notizia.