Questa storia, o meglio, la profezia di Davide Casaleggio sulla fine prossima ventura del Parlamento non è scandalosa ma è figlia legittima e naturale del tempo in cui viviamo.
L’idea che gli eletti possano essere sostituiti dalla volontà popolare compulsata ed espressa continuamente tramite la rete è una meravigliosa utopia che nasce da un equivoco colossale. Il fatto che tutti siano adeguatamente informati su tutto: che abbiano la capacità, la possibilità, la volontà di informarsi su ogni questione di interesse pubblico per esprimere una opinione adeguata.
Le ricadute della chiusura dell’Ilva, le sanzioni alla Russia, le tariffe telefoniche: avete studiato i dossier? Siete pronti a dire la vostra con una preparazione superiore a quella che esprimiamo al bar quando commentiamo il campionato di calcio? Di solito no, per questo da un paio di secoli l’alternativa è stata affidare, tramite elezioni, a qualcuno competente per un tempo limitato il compito di realizzare un certo programma.
Si chiamano eletti e già nel nome ricordano i prescelti della Bibbia, dovrebbero essere i migliori fra di noi. Il problema è iniziato quando i partiti hanno espresso non i migliori ma una classe dirigente incapace quando non rapace. Da qui nasce la reazione dell’uno vale uno. Che è una reazione ma non la soluzione. Quando dovete operarvi uno non vale uno, volete il migliore chirurgo non fate un sondaggio in rete. E se dovete riparare l’auto cercate il miglior meccanico. E al mercato andate al banco di chi ha la frutta migliore.
La società funziona sul fatto che esistano delle competenze, che uno abbia studiato per diventare chirurgo, meccanico o agricoltore. Lo stesso dovrebbe valere per la cosa pubblica. La soluzione alla cattiva politica non è un algoritmo per decidere tutto. La tecnologia può e anzi deve aiutare a rendere pubblici i dati, a informare più facilmente tutti, a far partecipare i cittadini alle decisioni che li riguardano più da vicino, tipo il traffico nel quartiere o la mensa scolastica.
Ma la soluzione alla cattiva politica è ricominciare a credere che le competenze contano. E scegliere i migliori.