Oggi è un giorno meraviglioso per tutti quelli che amano la scienza, per le persone che hanno perso la vista e per quelli che portano nel cuore il ricordo di Rita Levi Montalcini. L’ultima italiana a vincere un premio Nobel.
Era il 1986. Io la conobbi qualche anno dopo. Lavorava con il vigore di una ventenne ed era circondata da giovani, soprattutto donne, lei che aveva deciso di fare la scienziata in un’epoca in cui le donne avevano tutt’altro destino. Ne rimasi folgorato al punto che quando nel febbraio 2009 dovetti scegliere a chi dedicare la prima copertina di Wired, un magazine leggendario che sbarcava in Italia parlando di futuro, non ebbi dubbi. La mia cover-girl era lei, lei che stava per compiere 100 anni.
In quell’occasione ci regalò una frase bellissima che ancora ieri il profilo dell’Enciclopedia Treccani ha mandato su Twitter: “Il corpo faccia quel che vuole, io sono la mente”. La vidi per l’ultima volta nella primavera del 2011, per quella che sarebbe diventata la sua ultima intervista. Stava per compiere 101 anni. Mi accolse nella sua abitazione romana, semplice, quasi modesta, piena di libri; era reduce da una drammatica frattura del femore, e mi regalò il suo testamento per l’Italia: credo nel futuro, disse, perché credo nei giovani italiani, nel nostro meraviglioso capitale umano. Morì un anno dopo.
Ma i grandi scienziati sono immortali perché le loro scoperte, le loro invenzioni continuano a cambiare il mondo e a renderlo migliore. Rita Levi Montalcini aveva scoperto il fattore di crescita dei neuroni, una proteina da cui dipende lo sviluppo del sistema nervoso. E quindi la sua possibile rigenerazione. Per questo vinse il Nobel. Perché l’NGF può essere la chiave per sconfiggere malattie altrimenti incurabili.
Da quella scoperta sono partiti vari filoni di ricerca per produrre farmaci. Ed il primo è arrivato al traguardo oggi con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Si chiama Oxervate, e servirà a guarire la cheratite, una malattia dell’occhio che porta alla cecità. Già in vendita in Germania, poi toccherà agli Stati Uniti mentre la produzione in Italia è già iniziata negli stabilimenti Dompé dell’Aquila. Il collirio Montalcini può ridare la vista a tanti e la speranza a tutti.