Questa storia delle stragi nelle scuole americane sta diventando al tempo stesso surreale ed epica. Surreale la proposta del presidente Trump di armare gli insegnanti invece di ridurre la possibilità per tutti di girare con un’arma. Epica la sfida che un gruppo di adolescenti sopravvissuti alla strage di Parkland ha deciso di condurre fin dentro alla Casa Bianca perché queste cose non capitino mai più.
Ma c’è un aspetto meno raccontato che merita attenzione. All’indomani della strage il Guardian ha lanciato una raccolta fondi online. Non per sostenere le vittime, o almeno non direttamente, ma per finanziare una serie di grandi inchieste giornalistiche che spezzino la catena per cui più armi portano a più stragi e più stragi portano a più armi. Non accettiamo, è la tesi del Guardian, che controllare la diffusione di armi sia troppo difficile, e vogliamo sfidare questa tesi con il grande giornalismo. Ma il grande giornalismo costa. Richiede tempo, investimenti, e qualità. Morale, il quotidiano britannico ha chiesto 100 mila dollari per condurre una campagna. E la risposta è stata travolgente, mentre vi scrivo la raccolta ha raggiunto quota 173 mila e 447 dollari.
Vedremo dove arriverà la raccolta fondi e cosa porterà, ma intanto questa storia ci dice molte cose sul giornalismo al tempo di Internet. Sul giornalismo che doveva morire con il web. Sul giornalismo che non aveva più senso al tempo dei social. Ebbene ci sono persone, migliaia di persone, disposte a pagare non solo per leggere un giornale ma per finanziare una inchiesta. Tra l’altro la versione online del Guardian è gratuita e ricchissima di contenuti, nessuno è costretto a farlo. Epperò lo fanno.
Lo fanno per tre motivi: perché il Guardian fa ogni giorno gran giornalismo, accurato, non fazioso, attento ai fatti e rispettoso delle opinioni. Giornalismo con la G maiuscola. La reputazione conta. Lo fanno, ed è la seconda ragione, perché la strage di Parkland ci ha colpiti emotivamente, non è solo l’ennesima, deve, può essere l’ultima. E lo fanno, infine, perché credono che uno dei modi migliori per cambiare il mondo sia informare correttamente l’opinione pubblica e inchiodare la classe politica con la forza dei fatti. Lo fanno insomma perché credono che anche se i giornali di carta sono in crisi e forse non sopravviveranno a lungo, il giornalismo è ancora uno dei modi più efficaci per rendere il mondo migliore.