Qualche giorno fa hanno inaugurato il paradiso delle startup. Si trova a Parigi, nella tredicesima circoscrizione, un ex quartiere operaio a sud della rive gauche, la riva sinistra della Senna. In un deposito ferroviario abbandonato da anni, come ce ne sono moltissimi anche in Italia, è stato creato il più grande acceleratore di startup del mondo. Un acceleratore è un luogo dove una impresa appena nata viene fatta crescere in fretta per provare a conquistare i mercati. Questo di Parigi si chiama Station F, ospiterà mille startup, ad occhio vuol dire tremila ragazzi entusiasti, appassionati, di talento, pronti a realizzare il proprio sogno. Qui non saranno soli: troveranno gli uffici di Facebook, Microsoft, Amazon e gli investitori, i cosiddetti venture capital, quelli che dovranno mettere la benzina nel motore al momento di accelerare.
L'innovazione come emergenza nazionale
Giovedì questo spazio, creato ad un imprenditore, Xavier Niel, 49 anni, che è diventato miliardario con la telefonia, è stato inaugurato dal presidente della Repubblica Macron, che ha invitato i giovani a fare della Francia “il paese leader di una nuova era”: quella dell’iper innovazione, quella in cui, entro i prossimi dieci anni, saranno inventate più cose che nei precedenti cento.
Con un tempismo crudele, il giorno dopo in Italia uscivano i dati sugli investimenti nelle startup italiane nei primi sei mesi dell’anno: 75 milioni di euro, meno dello scorso anno, un dato che pone l’Italia agli ultimi posti nella classifica europea (in Francia nello stesso periodo siamo oltre il miliardo e mezzo; solo in Station F Xavier Niel ha investito 250 milioni di euro). Salvo Mizzi, che gestisce il fondo per le startup di Invitalia, e quindi del ministero del Tesoro, ha detto che “l’innovazione in Italia ormai è una emergenza nazionale”. Non lo ha detto uno qualsiasi: lo ha detto il responsabile del fondo per le startup del ministero del Tesoro.
In Francia facevano Bla Bla Car, da noi solo 'bla bla'
Lo dico con una battuta: mentre i francesi facevano Bla Bla Car, la startup di car pooling che ha rivoluzionato la mobilità in Europa, noi facevamo soltanto “bla-bla”. Chiacchiere e distintivo. Tanti convegni, tante parole, tante conferenze stampa, tanti premi inutili, tanti annunci. Fatti, zero. No, zero non è esatto. E’ molto migliorata la legislazione, è vero, oggi si può fare una startup con un euro di capitale e senza pagare il notaio, ma poi ti fermi lì. Le eccezioni, le startup che ce la fanno, ci sono, ma sono pochissime e non scaleranno, non diventeranno grandi come meritano (e come servirebbe all’Italia).
Eppure l’Italia dopo la guerra è diventata una grande potenza mondiale perché abbiamo saputo inventare il futuro, attraverso prodotti che hanno fatto la storia (come la Fiat 500 di cui in questi giorni si celebrano i 60 anni). E’ questa l’innovazione. A questo serve l’innovazione: a cambiare un paese e a rendere tutti più ricchi. Sennò non serve. Ma adesso è come se partecipassimo ad una gara di Formula 1 con il triciclo dicendo a tutti che siamo forti e vinceremo perché “noi siamo l’Italia”. E’ ora di svegliarci.