Nell’ondata antitecnologica a cui stiamo assistendo da mesi, e che ha la sua icona nella copertina dell’ultimo numero del magazine di Silicon Valley Wired che ritrae un Mark Zuckerberg pestato di botte due anni esatti dopo una copertina che lo ritraeva come il salvatore del mondo; in questo clima un po’ luddista ci mancava solo il tramonto degli Internet caffé. Ovvero di quei bar dove c’è il wifi gratis, arrivi, ti ordini un caffé, meglio se americano perché è lungo e dura di più, apri il laptop e inizi a navigare. Spesso a lavorare. Questi luoghi sono stati gli avamposti della rivoluzione digitale nei primi anni 2000, quando la banda larga era un miraggio e i bar col wifi erano come degli Stargate che ti portavano nel futuro, nel web. Poi sono diventati una moda, su cui per esempio catene di caffé come Starbucks hanno costruito la loro fortuna prima negli Stati Uniti e poi in tutto il mondo. E infine quasi un diritto: ma come, era la domanda di rito fino a qualche anno fa, non hai il wifi gratis? Cambio bar! Il tutto spinto da una generazione di ragazzi che, orfani del posto fisso, alimentano quell’esercito di freelance precari che è alla base della cosiddetta gig economy, ovvero l’economia dei lavoretti, meglio se fatti con un pc attaccato alla rete. Insomma, le caffetterie si sono lentamente trasformate in uffici. Ma adesso il pendolo sta cambiando direzione.
Il Guardian segnala che nel Regno Unito, nella città più tecnologica dopo Londra, Brighton, ha appena aperto una caffetteria che si proclama orgogliosamente una zona “lap top free”. E il New York Times racconta che a Los Angeles il titolare di un bar di successo ha buttato il modem del wifi in un cestino esasperato perché aveva da ore tutti i tavoli occupati da ragazzi con lo sguardo fisso sul laptop e gli auricolari. Casi come questi sono tutt’altro che nuovi. Un anno fa sulla BBC si parlava della storia di Kibbiznest, un caffé di Chicago che aveva bandito Internet. Ma la prima storia risale addirittura al 2014, nel Vermont. Solo che quelle sembravano snobberie da radical chic, gente che si metteva contro lo storia, dinosauri destinati a soccombere; adesso i casi si sono moltiplicati e non vengono più trattati con sufficienza perché intercettano un desiderio diffuso di rimettere il rapporto umano al centro rispetto alla tecnologia. “Non abbiamo il wifi parlate fra di voi” è un cartello che anche in Italia vi sarà capitato di vedere in questi anni. Tutto giusto, va bene parlarsi, leggere un libro, guardarsi negli occhi, ma senza fare crociate. E senza vagheggiare che in questo modo avverranno necessariamente chissà quali conversazioni. Una volta ho letto un cartello che diceva: “Ho ascoltato i vostri discorsi, rimetto il wifi”.