Pochi se ne sono accorti, nessuno se ne è ancora lamentato. Eppure nel contratto di governo per il cambiamento è praticamente scomparso il tema della trasformazione digitale. Internet non è mai nominata. La banda larga non c’è dove si parla delle infrastrutture. Il wifi è citato rapidamente quale strumento di marketing territoriale. Le startup, assenti (a parte un rapido, vaghissimo, cenno). E non sono citati i robot che lavorano al posto nostro, le potenzialità e i rischi dell’intelligenza artificiale, la nuove frontiera della medicina personalizzata, ovvero quei temi che in questo momento significano cambiamento in tutti i paesi del mondo. Quelli in cui si gioca davvero il nostro futuro.
Non che nel contratto non ci siano elementi di novità legati all’innovazione in senso lato, penso all’accento forte che c’è sulla necessità di sviluppare fonti energetiche alternative a carbone e petrolio, o al passaggio dove si parla di auto elettriche o al bike sharing; o all’invito a completare la digitalizzazione dei nostri dati sanitari. Mentre lascia interdetti il riferimento alla necessità di prevedere l'accesso gratuito alla rete per ogni cittadino: come funziona esattamente? chi paga il conto? Internet gratis per tutti mi ricorda uno di quegli slogan su cui la rete è di fatto nata negli anni '90, agli albori del web, ma appunto si tratta di uno slogan pioneristico di difficile, se non impossibile attuazione. (a proposito questa storia sul tema che ne spiega bene la fattibilità)
In verità a pagina 44, dopo il paragrafo sulla polizia e prima di quello sul gioco d’azzardo, ci sono dieci righe dieci intitolate “cybersecurity e contrasto al bullismo”, in cui si però un tema fondamentale per la sicurezza dello Stato, delle grandi aziende energetiche e di trasporto, del made in Italy e dei cittadini viene ridotto al problema di contrastare il cyberbullismo nelle scuole (tra l’altro una buona legge sul tema è appena stata approvata dalla precedente legislatura, e mi sfugge cosa altro si possa fare).
Leggendo e rileggendo il contratto uno potrebbe pensare che certi temi non sono citati o sono trattati superficialmente perché dati per acquisiti. Ma non è così: il piano per dotare l’Italia di una rete a banda ultralarga è in corso, sarebbe dovuto finire entro il 2020 ma intanto siamo fanalino di coda in Europa. E questo è un danno per gli imprenditori del nord e per i disoccupati del sud che il governo del cambiamento rappresenta. Ed è un danno per tutti gli studenti il grado zero o poco più di digitalizzazione delle nostre scuole. Ed è un problema gigantesco il fatto che un terzo del paese non sia su Internet e che le competenze digitali anche di chi naviga siano generalmente così modeste da esporci a rischi senza metterci in grado di cogliere i veri vantaggi della rete.
E quindi stupisce che questa scelta provenga da due leader autenticamente digitali: Matteo Salvini è il numero uno in Europa per seguito su Facebook e questo non è un primato raggiunto per caso; Luigi Di Maio è il capo politico di un movimento nato grazie alla rete e gestito tramite una piattaforma digitale; inoltre sostiene da sempre che quando lascerà la politica si occuperà di startup. E se invece iniziassero a farlo subito?
post integrato il 22 maggio alle 11 con alcuni suggerimenti venuti dai lettori che lo rendono più completo.