Le bugie avranno pure le gambe corte, come ci ammonivano i nostri nonni, in compenso corrono fortissimo. In fondo lo sapevamo già: il pettegolezzo, vero o falso che sia, si propaga in un baleno. Ma adesso questa sensazione trova conferma nella scienza.
Nel più grande esperimento scientifico mai fatto sulle fake news, che poi sarebbero le notizie false che si diffondono sui social media. La ricerca, condotta dal MIT e pubblicata su Science, è stata fatta analizzando il destino di 126 mila notizie in inglese su Twitter. E quindi studiando il comportamento di 3 milioni di utenti per dieci anni. Dal settembre 2006 al dicembre 2016. Il risultato è che le fake news sono sei volte più veloci delle notizie vere. Per raggiungere una determinata audience ci mettono un tempo sei volte inferiore. In fondo lo diceva anche lo scrittore irlandese Jonathan Swift, due secoli fa: le bugie volano, la verità arranca zoppicando. E non c’era Internet nel ‘700. E nemmeno il telegrafo se per questo.
Da che dipende questa differente viralità? Uno potrebbe attribuirne la responsabilità ai bot, cioé a quei profili finti di utenti Twitter che sono gestiti tramite algoritmi. I robot di Twitter. E invece la straripante vittoria delle notizie false da quelle vere dipende da noi, esseri umani. Siamo noi che crediamo alle bufale. E non per ingenuità. Ma perché crediamo più volontieri a qualcosa che conferma un nostro pregiudizio, una nostra visione del mondo. Anche se è falsa. E poi perché spesso le notizie false sono eclatanti, sorprendenti. Ci colpiscono di più. Le notizie false in rete sono associate alla sorpresa e al disgusto, due stati d’animo che ci invitano a condividerle subito con i nostri amici; le notizie vere sono associate con la fiducia e la tristezza. E spesso la noia.
Insomma è una partita complicata. Dietro le fake news ci sono molti dilettanti, ma ci sono anche organizzazioni criminali e in qualche caso governi che usano la rete per manipolare l’opinione pubblica, alterare i risultati elettorali e creare un nuovo ordine mondiale. Ma è una partita che non possiamo non giocare. Spetta ai cittadini fidarsi un po’ di meno di quello che leggono sui social e pretendere una informazione più accurata e credibile. Spetta ai giornalisti ribadire con il loro lavoro che la verità conta. Al tempo di Internet, anche di più.