Vorrei ringraziare il Comitato olimpico internazionale. Perché con questo comunicato stampa un po’ bislacco in cui hanno detto che alcuni videogiochi possono essere considerati una attività sportiva, ci hanno fatto scoprire il favoloso mondo degli esports. Che non hanno alcun bisogno di diventare una disciplina olimpica, per il semplice fatto che la loro finale mondiale si tiene già in uno stadio Olimpico. Il 4 novembre a Pechino, nello stadio a forma di nido d’uccello costruito per le Olimpiadi del 2008: davanti a 80 mila spettatori, si sfideranno i due team del più seguito fra tutti gli esports, il LOL, che non sta per l’acronimo che in rete traduciamo dall’inglese “mi sto scompisciando dalle risate”, ma per League of Legends.
In finale sono arrivate due squadre della Corea del Sud, una sponsorizzata da Samsung e una dalla Telecom coreana. Ogni squadra ha 5 giocatori e dalle foto ufficiali, in pose che non sono molto diverse da quelle di Cristiano Ronaldo o Lionel Messi, diresti che non hanno ancora vent’anni. Ogni match si gioca al computer al meglio delle cinque partite che durano, ciascuna, fra 20 e 50 minuti, come le finali dei grandi tornei di tennis insomma. Ma tutto questo non rende l’idea del clima: cercatevi un video, delle semifinali, in stadi gremiti di ragazzini urlanti come da noi succede per le pop star mondiali. Tra l’altro sabato a Pechino prima della partita sono previsti due concerti come preshow, con due band asiatiche; e la finale va in diretta mondiale online grazie a CocaCola che promuove dei viewing party in centinaia di cinema e pub; oltre al fatto che la sfida sarà seguita in diretta nei campus universitari di 37 stati americani e in tutti quelli canadesi. Di questo parliamo: un fenomeno planetario che ci è cresciuto sotto il naso senza che ce ne accorgessimo. E che adesso quei furbacchioni del Comitato Olimpico corteggiano sperando di intercettare pubblico e sponsor.
Questi giorni lo hanno detto in tanti: i videogame non sono uno sport e tantomeno dovrebbero essere uno sport olimpico. Concordo. Ma prima di dire che “allora perché non ammettere gli scacchi o il rugby”, prima di dire “mai” pensate a storiche discipline olimpiche come il tiro al volo o il tiro al piattello. Sono così diverse dagli sparatutto? Pensateci e intanto sabato se potete guardate la finale: non è uno sport, ma è uno spettacolo da capire.