Sono in corso grandi manovre per rinviare, ancora una volta, l’attuazione di una di quelle innovazioni digitali che possono davvero migliorarci la vita. E nel caso specifico, farci guadagnare più soldi. Ai commercianti e al paese. Mi riferisco alla dogana digitale. Conosciamo tutti i vantaggi di fare acquisti nei duty free degli aeroporti. Ma quando viaggiano i turisti possono anche fare acquisti in città e poi recuperare l’IVA, una imposta adottata in sessantotto paesi del mondo che in Italia è il 22 per cento del prezzo del prodotto.
Teoricamente quindi i turisti che non provengono da paesi dell’Unione Europea, tipo gli americani o gli ambitissimi cinesi che quando viaggiano spendono più della metà del loro budget in shopping, possono comprare il made in Italy con uno sconto del 22 per cento: questa somma oggi la recuperano in aeroporto, al momento di tornare a casa.
Ma non è facilissimo: occorre portare tutte le fatture, di carta; seguire una procedura che definire articolata è poco e che con i tempi di un volo in partenza spesso non è praticabile; e pagare una commissione che in qualche caso dimezza il totale dei soldi da recuperare. Non parliamo di spiccioli ma di un mercato stimato in circa 10 miliardi di euro di transato ogni anno.
E soprattutto parliamo del fatto che su questo tema, il cosiddetto travel shopping, siamo in concorrenza con gli altri paesi europei che la dogana digitale l’hanno già introdotta. Anche noi eravamo pronti, con l’introduzione di un sistema, chiamato bizzarramente Otello 2.0 (Otello sta per Online Tax-refund at Exit, Light Lane Optimization) che collega i commercianti con l’Agenzia doganale.
Saremmo dovuti partire il 1 gennaio scorso, ma quando era in discussione la legge di Bilancio, nella notte, come sempre accade, un esponente della maggioranza di governo ha proposto un emendamento per far slittare tutto al 1 settembre, perché, era la motivazione, non siamo pronti. Chissà com’è: non siamo mai pronti quando arriva una innovazione: qualche giorno fa, lo ricordate?, è slittata la fatturazione elettronica per i benzinai, che naturalmente non erano pronti.
In realtà su questo fronte siamo prontissimi. Le regole attuative sono del 10 ottobre scorso: a partire da quella data tutti i commercianti si potevano registrare sul sito della Dogana e accedere all’area test; il 22 maggio è partita la sperimentazione “in doppio binario” che è in corso. E si è mosso anche il mercato: accanto alle due multinazionali che dominano il settore globalmente, è spuntata una startup, Stamp, che ha digitalizzato l’intero processo, promette di fare tutto tramite una app in modo che il cliente il 22 per cento dell’IVA non lo debba recuperare per il semplice motivo che non lo paga mai. Commissioni sul turista azzerate, stamp guadagna dal commerciante. In pratica è come avere un duty free diffuso in ogni città.
Non sappiamo se la soluzione di Stamp sia la migliore e immaginiamo che ce ne siano altre e possano spuntarne altre ancora. Ma di una cosa siamo certi: il turismo italiano ha bisogno di una dogana digitale. E se davvero un intervento legislativo va fatto non è l’ennesima proroga “perché non siamo pronti”, ma l’abbassamento del limite di spesa come è avvenuto in altri paesi europei (oggi è 154 euro e 90).
Un altro rinvio, magari con il solito emendamento figlio di nessuno infilato nottetempo nella primo decreto legge utile, sarebbe davvero una beffa, per chi si è adeguato per tempo e un danno per tutti.