C’è qualcosa di meravigliosamente romantico nell’ultima impresa di Tim Berners Lee. Probabilmente non sapete chi sia, ma non lo sapevano neanche le centinaia di milioni di persone che nel 2012 stavano guardando la cerimonia inaugurale dei giochi olimpici di Londra. A un certo punto, non ricordo se prima o dopo il clamoroso atterraggio nello stadio della controfigura della regina paracadutata da un elicottero fra le braccia dell’agente 007, è comparso un signore di mezza età, con l’aria svagata che hanno certi scienziati, si è seduto davanti ad un personal computer e ha scritto tre lettere: www, world wide web. E ha aggiunto: “and this is for everyone”, ed è per tutti. E questo chi è? si chiese un telecronista. Era Tim Berners Lee, il fisico inglese che negli anni ’90, mentre lavorava al Cern di Ginevra, ha inventato il web che portato Internet nella vita di tutti noi. Gratis. Nel senso che Berners Lee ha regalato la sua intuizione al mondo.
Nel frattempo la rete è cresciuta ma non come sir Tim aveva previsto. Lo vediamo tutti i giorni: invece che uno strumento per unire le persone e portare benefici a tutti, è diventata spesso un luogo dove dividersi e litigare portando palate di soldi a quelli che hanno creato le grandi piattaforme di cui è impossibile fare a meno. Facebook, Google, Amazon, per citare le più grandi. Tim Berners Lee per un po’ è rimasto a guardare, nel suo ufficio al MIT di Boston, ora ha deciso di tornare in campo. Di reinventare il web, di creare un modo alternativo per stare in rete che riporti il controllo dei dati personali, il vero motore dell’economia digitale, nelle nostre mani.
E così nel mesi scorsi con un team di volontari appassionati, ha sviluppato una piattaforma alternativa, Solid l’ha chiamata, e ora lascia il MIT per mettersi alla testa della startup che dovrà guidare questa rivoluzione: si chiama Inrupt, un termine che in inglese non esiste, ma che suona come il contrario di Disrupt, il verbo preferito della Silicon Valley per celebrare l’innovazione: disrupt è distruggere, inrupt lo potremmo tradurre come rimettere a posto. Siamo arrivati ad un punto critico, ha scritto Tim Berners Lee nel suo annuncio, serve un cambiamento potente se vogliamo salvare la rete e credo di avere l’energia per farlo. I critici diranno che è impossibile, che un professore di 63 anni non potrà mai cambiare il corso delle cose, sfidare colossi come Facebook e Google, convincere gli sviluppatori a far app su una piattaforma nuova e gli utenti ad adottarla.
Diranno che è come Don Chisciotte che a un certo punto decise di sfidare i mulini a vento. Forse è così. Ma se invece fra qualche mese o qualche anno il web sarà tornato un motore di eguaglianza e crescita per tutti, come era agli inizi, ricordatevi di quando tutto è iniziato: quando Tim Berners Lee ci ha ricordato che “il futuro resta più grande del passato”, e si è messo in viaggio per noi.
Qui l’intervista esclusiva a Fast Company con l’annuncio