Un giorno parleremo con i droni. Potremo lanciare un grido per cacciarli via o fare un gesto per accoglierli e ricevere così il pacco che intendono recapitarci. Un giorno i droni saranno i nostri postini. Non parliamo di un futuro lontano. Parliamo di un brevetto. Un brevetto di Amazon. Un altro, l’ultima volta che se ne è parlato, un paio di mesi fa, la campagna elettorale era appena iniziata e scoppiò un pandemonio sgangherato e spesso fuori luogo, all’idea che un giorno i magazzinieri di Amazon potessero avere un braccialetto in grado di mandare impulsi per fargli prendere il pacco giusto al momento giusto. È solo un brevetto, si difese l’azienda di Jeff Bezos (ma in quell’occasione scoprimmo che tecnologie simili sono già adottate nella grande distribuzione).
Adesso arriva il postino-drone in grado di reagire alle nostre indicazioni verbali e ai nostri gesti. L’idea di Amazon è disporre un giorno di una flotta di robot volanti in grado di recapitare i nostri acquisti fatti online entro mezz’ora. Nei disegni depositati all’ufficio brevetti si deve una persona fuori di casa che agita le braccia in modo “unwelcoming”, ovvero non di benvenuto per il drone; e si vede invece una persona accanto ad un fumetto lasciando intendere che il drone sarà in grado di rispondere a comandi vocali. Ovviamente andrà creato un database di gesti che il robot volante potrà così riconoscere e sarà divertente vedere come il database cambierà da paese a paese.
Mettere la mano sotto il mente in Italia vuol dire fregarsene, in altri posti vuol dire essersi persi. E lo stesso vale per il gesto dell’ok che in Cina è un insulto. O per il pollice alto, che in Australia non vuol dire “ben fatto” ma che sei un maleducato. O per le corna che alla Hawaii sono un simbolo di pace. Insomma i droni di Amazon hanno una bella sfida davanti. Questa volta però prima di indignarci per il futuro dei postini in un mondo di robot, aspettiamo di capire se davvero il brevetto diventerà realtà.