E’ bello festeggiare oggi i 30 anni del web, sapendo che lo faremo ancora l’anno prossimo (il primo sito) e il successivo (il primo software scaricabile online) e ancora un’ultima volta nel 2023, perché in realtà fu quello che accadde il 30 aprile del 1993 a determinare il fatto che oggi tutti nel mondo chiamiamo web quella cosa molto più antica e sostanzialmente diversa che invece è Internet.
Cosa fu? Diciamolo subito. Fu il fatto di prendere il codice del software, la formula fino ad allora segreta del www, e renderlo pubblico affinché tutti potessero migliorarlo ed usarlo. Fu questo a renderlo universale, a sbaragliare la concorrenza. E fu merito di una persona: Tim Berners Lee. Oggi ha una statua in bronzo alla National Gallery, la regina lo ha proclamato cavaliere, e molti sanno chi è. Ma quando nell’estate del 2012 lo chiamarono sul palco stellare dello stadio olimpico di Londra, per l’inaugurazione dei Giochi, il mondo intero lo scoprì per la prima volta.
Magrissimo, elegante, se ne stava seduto davanti ad un vecchio computer anni ‘80 (il rarissimo NeXt, firmato da Steve Jobs quando non era alla Apple). La scena voleva essere una replica di quello che era sostanzialmente accaduto tanto tempo prima al Cern di Ginevra, i laboratori europei di fisica nucleare dove il giovane Tim Berners Lee era approdato una prima volta nel 1980, a 25 anni, come stagista.
Veniva da una famiglia di informatici e la leggenda vuole che da piccolo avesse scoperto l’elettronica creando un sistema per governare il trenino elettrico. E una volta all’università, fece un certo scalpore il computer che si costruì in casa utilizzando un vecchio televisore comprato da un rigattiere. Già nella sua prima esperienza svizzera Berners Lee aveva capito che il problema di molti scienziati era la difficoltà di scambiarsi informazioni da un computer all’altro. Era come se fossero tutte chiuse in dei cassetti e per accedervi, dovevi cambiare stanza e aprire la cassettiera. “Si fa prima a parlarsi al bar”.
Scrisse un primo progetto per condividere i file, lo chiamò Enquire, in omaggio a un libro che aveva molto amato da piccolo. E la cosa finì lì. Era solo uno stagista in fondo. Ma quando tornò al Cern, alla fine degli anni ‘80, come contrattista, quel problema che lo aveva assillato non era ancora stato risolto da nessuno. Quindi scrisse, lavorandoci di nascosto, un documento per un sistema di condivisione delle informazioni basato sul concetto di iper testo. Lo chiamò world wide web. Un gran bel nome. Quando lo portò al suo capo, la risposta fu: “Vago, ma eccitante”. Il resto è storia.
Quella sera, sul palco dello stadio di Londra, mentre un telecronista americano si incaricava di far emergere tutta la nostra ignoranza chiedendo: “e mo questo chi è?”, Tim Berners Lee scrisse sulla tastiera: “www, and this is for everyone”. E’ per tutti voi.
Grazie, è il minimo.