Oggi ho incontrato la ministra Valeria Fedeli per una puntata di #vivalitalia. La puntata integrale potete rivederla qui. Dura un'ora ma vale la pena e non solo perché è una occasione per sentire parlare la ministra fuori dai formalismi. Ma perché la scuola ci riguarda tutti, anche se non siamo docenti. Ci riguarda come studenti o come genitori di studenti. Ci riguarda come italiani, perché molti dei problemi che abbiamo come paese nascono lì (come lì sono si sono formati alcuni degli italiani che hanno cambiato il mondo, ricordiamocelo). Tanto si è parlato in questi anni della “buona scuola”, e dei fondi per rifare gli edifici scolastici, e di quelli per portare la banda larga in tutti gli edifici entro il 2018, e di quelli per rendere le nostre scuole finalmente adeguate all’era digitale che stiamo vivendo con laboratori per makers.
Tanto si è parlato, ma poi la mattina vediamo i ragazzi andare a scuola con il trolley carico di libri di testo come se dovessero imbarcarsi per un lungo viaggio. Entrano in aule spesso fatiscenti e naturalmente non ancora connesse a Internet. Le supplenze non sono affatto scomparse con l’ultima ondata di assunzioni e non è raro che la lezione col supplente si svolga così: voi fate quello che volete fare in silenzio che io ho da fare con il mio tablet. Tanto si è parlato, qualcosa si è fatto ma poi la scuola reale resta la stessa. Apparentemente impermeabile a qualsiasi cambiamento. Vedremo cosa farà la ministra.
A #vivalitalia ci ha parlato di scuole senza zaino, dove in classe si collabora usando strumenti digitali e connessi, con i compiti a casa ridotti al minimo; di scuole dove si impara prima di tutto a diventare cittadini e si insegnano i valori del rispetto; di elementari senza voti e bocciature perché i bambini non si bocciano ed anzi semmai con il metodo Montessori le loro difficoltà si affrontano assieme; di medie da rifondare finalmente; di superiori che preparano davvero al lavoro e alla migliore scelta universitaria; e di un vero piano di borse di studio che consenta davvero a tutti di studiare fino alla fine perché non è accettabile che l’Italia sia l’ultimo paese d’Europa per numero di laureati. Ha sciorinato un bel libro dei sogni la ministra (e mi ha garbatamente rimproverato quando all’inizio l’ho chiamata “ministro”).
Ripeto: vedremo se il suo metodo di ascolto e collaborazione con tutti la porterà a riuscire là dove tutti gli altri hanno fallito. Ma c’è un passaggio di quello che mi ha detto che vorrei sottolineare perché non si era mai sentito nei discorsi di un ministro dell’Istruzione. Riguarda il rapporto con i videogiochi. Che appassionano i ragazzi e che invece sono la disperazione di molti adulti, preoccupati di vedere i figli perdere tempo con i videogiochi invece di studiare. Ma la verità è che i videogiochi possono diventare uno straordinario strumento didattico. Con Minecraft si può imparare la matematica, con Sims Ciy si può apprendere la storia. Con altri impari le scienze, la geografia, l’inglese. Giochi e impari. Impari e giochi. La ministra è favorevole, anzi nè è convinta: qualche giorno fa, ci ha detto, è voluta andare ad inaugurare la fiera Let’s Play a Roma per dirlo. Per dire che “un altro modo di insegnare è possibile”. Speriamo che non resti uno slogan.