La scommessa ora è riallargare il Pd. Dopo i risultati da minimo storico delle elezioni del 2018, la nuova segreteria di Nicola Zingaretti, in attesa della acclamazione ufficiale, si è data come obiettivo quello di riportare a casa gli elettori delusi e attrarne di nuovi, magari giovani. Un target dichiarato a parole ma che secondo alcuni poteva essere messo in discussione da alcune mosse romanocentriche dell’ex presidente della provincia di Roma e attuale governatore della regione Lazio.
L’idea di chiedere a Paolo Gentiloni, altro esponente dem della Capitale, di diventare presidente del partito ha fatto pensare a qualcuno a una deriva da terrazza romana. Ma la visita lampo programmata appena chiuse le urne delle primarie, a Torino, ha subito smentito questi timori. Il viaggio pro-Tav di Zingaretti interpreta appieno i primi segnali giunti in questi mesi dai tramortiti ma indomiti elettori di centrosinistra.
Perché Zingaretti pare aver capito che per ripartire e sperare di tornare attore protagonista della politica, si deve compiere un doppio lavoro: aprire il partito sia sul piano politico che su quello territoriale. La sua prima tappa da leader dem è dunque una visita a Torino, per sostenere la battaglia pro-Tav di Sergio Chiamparino, governatore dem del Piemonte. Mentre nei giorni scorsi il segretario aveva ‘corteggiato’ l’ex sindaco di Milano Giuliano Pisapia ipotizzando una sua candidatura alle elezioni europee.
Il messaggio giunto in questi mesi dalle piazze civiche di molte regioni del Nord, da Milano a Torino, appunto, ha ridato fiato ai polmoni asfittici del Pd e una speranza a chi non si riconosce nel governo gialloverde, ma ha anche indicato la strada al nuovo segretario. Dall’impegno civico, dalle aree produttive del Nord non si può prescindere, insomma. Ma anche dal Sud, a tratti deluso dal Cinquestelle, si deve ripartire, magari superando i blocchi dei potentati locali in Campania, Puglia e Sicilia per aprire il partito a energie fresche per richiamare gli elettori in libera uscita.
E anche sul piano politico, l’impostazione di Zingaretti sembra essere quella di apertura: già si parla di incontri con gli esponenti dei Verdi e di +Europa. Il capitolo Leu, gli ex scissionisti, è assai più delicato, ma tutto fa pensare che il neo segretario cercherà di ricucire le ferite del passato, magari puntando sui giovani. Un’apertura a cui però corrisponde un superamento dell’idea del partito tanto liquido da rischiare la liquidazione: Zingaretti pare voler ridare un assetto solido al Pd, rimettendo i conti in ordine e cercando di recuperare una struttura che in questi anni era stata dissestata.
La scommessa è impegnativa e le tappe sono forzate: tra un mese e mezzo si dovranno presentare le liste elettorali e le alleanze e tra 80 giorni ci saranno le elezioni europee. Un primo banco di prova, durissimo, per invertire una rotta cominciata con il referendum del dicembre 2016. Appena chiuse le urne delle primarie, tutti si sono uniti intorno al neosegretario, rassicurati dalle sue prime parole distensive.
Ma nel Pd i litigi sono sempre dietro l’angolo e la prima vera scommessa, per un uomo abituato alla mediazione, è proprio evitare che il nocciolo duro del suo partito si divida in correnti. Aprire e non dividere, sprovincializzarsi e non rattrappirsi è la richiesta giunta dai gazebo ed è tutta da interpretare.