Siamo ancora lontani dal tintinnare delle manette, ma certo la campagna elettorale siciliana sta deviando sempre più dai problemi concreti dell'isola per aggrovigliarsi su un tema mai vinto: la mafia. E insieme a quello, a temi che con il destino della Sicilia hanno ben poco a che fare.
Dalla notizia dell'indagine della Procura di Firenze su Berlusconi come mandante delle stragi di mafia alle accuse di aver infarcito le liste di Fi di impresentabili, che vengono rivolte anche da Claudio Fava al M5s, sembra che la politica siciliana stenti a liberarsi delle catene quantomeno polemiche su Cosa nostra. Si sa che la presenza della mafia ha permeato molti ambienti, che molti politici sono stati implicati o quantomeno 'chiacchierati' e questo è compito della magistratura verificatlo e condannarlo. Ma quel che resta è una campagna elettorale, l'ennesima, in cui le accuse reciproche rischiano di contare più dei programmi. Sarà per questo che secondo un sondaggio di Demopolis un elettore su quattro non sa nemmeno che domenica 5 novembre si vota e più di due su quattro molto probabilmente non andranno alle urne. Una disaffezione che molti ritengono legata alla disillusione verso la politica regionale e non solo.
Solito polverone giustizialista
Ma tornando all'influenza delle inchieste sul panorama dei partiti, il dato che spicca è che il primo effetto dell'inchiesta sul leader di Forza Italia è stato, per l'eterogenesi dei fini, un suo riavvicinamento a Matteo Salvini. Dopo giorni di accuse alla lista azzurra sul tema degli impresentabili, il leader della Lega ha deposto le armi ed ha annunciato che giovedì andrà a salutare Berlusconi prima dei comizi che entrambi terranno a Catania. L'accusa di Fi e Lega alle toghe è sempre la stessa: sarebbe l'ennesimo caso di giustiza a orologeria contro il Cavaliere. A intorbidire ulteriormente il clima la minaccia di morte di un candidato assessore Cinquestelle verso il capogruppo Pd alla Camera Ettore Rosato. Unanime il coro di solidarietà al deputato dem, chiaro lo spin di Grillo: il Pd alza un polverone su una battuta per cui abbiamo già chiesto scusa per coprire il clamore che dovrebbe suscitare l'indagine contro Berlusconi.
Il dilemma sul voto utile
Il mix dei sondaggi di questi giorni, che continuano a dare in vantaggio Nello Musumeci e Giancarlo Cancelleri, e delle accuse reciproche tra partiti rischiano di servire agli elettori una maionese impazzita. Soprattutto se si tratta di elettori del Pd. Perché mentre il grosso del corpo elettorale dem voterà per Micari, molti si interrogano su quale sia il vero voto utile nell'isola, un tema che spesso ha esiti diversi da quelli pensati da chi lo invoca. Perché avendo davanti la certezza di non arrivare tra i primi due e il rischio di arrivare quarti, alcuni dem ipotizzano un voto a Musumeci e altri a Cancelleri.
I primi vogliono scongiurare una vittoria di Grillo che sarebbe benzina per la campagna elettorale del M5s alle elezioni politiche. I secondi puntano sulla inesperienza della classe dirigente grillina per avere la speranza di tornare presto a elezioni e al governo della Sicilia. Insomma, alta è la confusione sotto al cielo siciliano, palestra del voto nazionale, laboratorio di nuove e vecchie alleanze, terreno abituale del confronto tra politica e magistratura, isola violata troppo spesso dalle crudeltà di cosa nostra. Al di là del risultato, il rischio è dunque quello di una bassa affluenza e di un voto in cui i programmi siano l'elemento meno importante.