Il tempo sta per scadere: ancora 24 ore di attesa e poi Sergio Mattarella tirerà le somme di questa difficilissima crisi. Il Capo dello Stato ieri ha inaugurato una mostra sulla collezione di orologi antichi del Quirinale, quasi una metafora del tempo che il Presidente ha lasciato scorrere senza mettere fretta ai partiti, nella speranza che dal complicato risultato elettorale nascesse un governo politico. Ma ormai la pazienza è agli sgoccioli e tutte le possibilità sono state esplorate, prima con l'incarico a Elisabetta Casellati poi con quello a Roberto Fico, mentre in queste ore il clamore dello scontro tra Di Maio e Salvini da una parte e nel Pd dall'altra raggiunge le finestre del Quirinale.
Oggi sarà comunque ancora una giornata di riflessione e di attesa per vedere se giungono nuovi segnali: dalla direzione del Pd o dal centrodestra oppure dal M5s. Dalla prima si potrà capire che linea sceglierà il partito: chiusura a qualunque ipotesi di alleanza o apertura a un dialogo, magari anche solo per un eventuale governo di tregua. Dal centrodestra si capirà se la coalizione conferma la sua unità e la porta chiusa a ogni confronto anche con il Pd, scenario sul quale nei Transatlantici di Camera e Senato soffia qualche spiffero. Dal M5s se la linea di Di Maio esposta in queste ore, di no secco sia al Pd che alla Lega, resta l'ultima scelta. Se non ci sarà nessuno di questi segnali, che potrebbero riaprire i giochi, il Capo dello Stato venerdì tirerà le somme o con una sorta di appello-spiegazione (ai partiti e agli italiani) sul percorso che ha portato fin qui. Oppure con un terzo e ultimo giro di consultazioni condotto in prima persona, molto probabilmente entro la fine del week end.
Verso un governo di tregua?
E' ovvio che se non sarà possibile dar vita a un governo politico restano solo due strade. La prima è quella di un governo di tregua (o del Presidente, anche se la definizione non piace al Quirinale) che sia sostenuto da tutti, vari la manovra economica e resti in carica almeno fino a dicembre. Qualcuno, tra cui Matteo Salvini, sembra aprire a questa ipotesi se nel frattempo le Camere metteranno mano a una miniriforma del Rosatellum. Ma le difficoltà su questo tema sono evidenti e sono legate innanzitutto ai paletti posti dalla Corte costituzionale nella sua sentenza sull'Italicum. Nulla però vieterebbe di provarci, magari allungando di uno o due mesi la vita dell'esecutivo, per votare in primavera.
Se nemmeno il governo del Presidente trovasse un sostegno parlamentare, sembra escluso che si possa andare comunque con il premier incaricato in parlamento alla cieca. A quel punto l'unica soluzione sarebbe andare a votare a ottobre con Paolo Gentiloni ancora a Palazzo Chigi ma solo per gli affari correnti. Sarebbe, ovviamente, la soluzione peggiore per il Colle, perché metterebbe fortemente a rischio i conti pubblici, dato che sarebbe fortemente probabile dover ricorrere all'esercizio provvisorio che renderebbe quasi inevitabile il ricorso alla clausola di salvaguardia e quindi all'aumento dell'Iva. Di certo, dalla scrivania del Presidente sono state tolte due carte: elezioni in estate e incarico al buio. Sul preincarico si sta ancora riflettendo, ma con il timore che si possa risolvere in un'altra perdita di tempo. Che ormai è esaurito: venerdì Mattarella deciderà.